
{In rosso è evidenziato, in modo del tutto ipotetico e incompleto, il percorso del cosiddetto “crestone sud” del Monte Zatta di Ponente}
Punto di partenza/arrivo: slargo lungo la SS 593 poco dopo la località Santa Maria del Taro in direzione del Passo del Bocco
Dislivello: 1200 m ca.
Durata complessiva: 7,30 h
Tempi parziali: punto di partenza-SP 27 (1 h) ; SP 27-Passo del Gatto (1 h) ; Passo del Gatto-Casoni di Chiappozzo-Monte Zatta di Ponente (3 h) ; Monte Zatta di Ponente-punto di partenza (2,30 h)
Difficoltà: EE+/F il “crestone sud” del Monte Zatta di Ponente; E la restante parte dell’itinerario
Attrezzatura: ordinaria da escursionismo
Ultima verifica: maggio 2022
Accesso stradale: Parma-Borgo Val di Taro-Bedonia-Santa Maria del Taro. Da quest’ultima località si continua verso il Passo del Bocco solo per poco, parcheggiando l’auto in uno slargo a sinistra della carreggiata nei pressi dell’imbocco dello stradello che conduce a Vallombraria

{Nella sezione evidenziata con il tratteggio colore arancio, il percorso è puramente indicativo. L’autore della relazione NON UTILIZZA IL GPS}
Descrizione dell’itinerario
Lunga, impegnativa e spettacolare proposta escursionistica nel contesto di un’area montuosa, quella del Monte Zatta, a cavallo tra l’Emilia e la Liguria. Dopo un sostanzioso avvicinamento da Santa Maria del Taro, si propone la risalita quasi integrale di quello che in più guide escursionistiche, ormai datate e non più aggiornate, è stato battezzato “crestone sud”. Quest’ultimo, digradando dalla dorsale sommitale del Monte Zatta di Ponente, si presenta nella parte alta erboso e con affioramenti rocciosi, mentre in quella bassa risulta perlopiù cespuglioso/boscoso e molto poco definito. L’autore della relazione, affidandosi ad informazioni lacunose, ha tribolato non poco nell’ascesa del crestone, facendo i conti con passaggi molto scabrosi tra vegetazione invadente ed impegnandosi nella sezione finale in risalti rocciosi il cui superamento diretto avrebbe implicato difficoltà ben superiori al II° e III°- dichiarato altrove. Si tratta, come si evince dal titolo dato all’itinerario, di un percorso di carattere esplorativo, di cui il sottoscritto offrirà solo indicazioni di massima, invitando i pochissimi interessati a scegliersi il percorso più opportuno mediante un’attenta valutazione da effettuarsi in loco. Siamo di fronte ad un ulteriore esempio di escursionismo molto evoluto “di ricerca”, stimolante il libero esercizio della creatività, dimensione strutturale nell’uomo ma sempre più anestetizzata da una pessima tendenza alla massificazione che sta prendendo il sopravvento anche nell’ambito delle attività montane. Contrapponendosi a questa inclinazione, l’autore della relazione non utilizza il navigatore satellitare, offrendo la sua esperienza attraverso lo strumento letterario, il miglior mezzo al fine di descrivere e testimoniare un avvenimento, invitando il lettore non all’imitatio, nel senso di ripetizione pedissequa (che è ciò che si fa affidandosi ad una traccia GPS), ma all’aemulatio, ossia il migliorare e completare ciò che viene proposto attuando la propria libera e personale iniziativa.
Dal punto di partenza si percorre per pochissimo la strada verso il Passo del Bocco, notando dapprima lo stradello d’accesso alla frazione Vallombraria e, appena dopo, un sentiero che si stacca a sinistra (CAI n° 859). Imboccatolo, si avanza in moderata pendenza effettuando qualche tornante, lambendo più in alto e assecondando per un breve tratto una dorsale boscosa. Si procede poi comodamente a mezza costa in un contesto boschivo molto interessante caratterizzato da faggi e da alberi di castagno. Volgendo in seguito a sinistra, si giunge nei pressi di un muretto delimitante una piazzola, avanzando successivamente a fianco di un avvallamento su sentiero piuttosto infrascato (segnavia). Dopo un ripido strappo in cui si aggira a sinistra una sezione di percorso inagibile in quanto ostruita da tronchi, si piega a destra procedendo meno ripidamente, oltrepassando più avanti un tratto in cui il sentiero risulta poco evidente. Ammirando la bellezza dell’ambiente boschivo in cui siamo immersi, si avanza per traccia spesso poco incavata e palesemente trascurata, come si denota dalle sterpaglie che ne ricoprono il fondo. Inoltre, più avanti, prima di effettuare una svolta a sinistra, si deve aggirare un’altra sezione in cui il tracciato risulta ostruito da rami e tronchi. Il percorso si innesta in seguito in una dorsale boscosa e l’asseconda all’inizio direttamente, poi restando nei suoi pressi, presentandosi anche qui poco marcato e ricoperto da fogliame e sterpaglie. Procedendo in direzione sud, si attraversa più avanti un’area di rado bosco sottopassando un elettrodotto, rientrando poi nella copertura boscosa. Qui il percorso sembra spegnersi, ma volgendo a destra (segnavia collocato in posizione sbagliata) e scendendo per qualche metro si recupera la continuazione del sentiero. Nella sezione successiva, il tracciato risulta più evidente ed incavato, sviluppandosi prima all’interno di una bella faggeta, poi, dopo aver valicato il crinale del Monte Malanotte segnante il confine tra Emilia e Liguria, in spettacolare ambiente caratterizzato da coste parzialmente rocciose. Gustando senza fretta questa sezione di sentiero veramente godibile in cui si procede in modo sostanzialmente pianeggiante tra rado bosco, si inizia più avanti perdere quota per carraia. Giunti ad un bivio, si prende il sentiero di destra che, dopo il primo tratto nella vegetazione, risale una spettacolare costa, volgendo più in alto a destra. Avanzando in modo pianeggiante all’interno del bosco, si svolta successivamente a sinistra e per carraia ci si immette nella SP 27 in corrispondenza di un prefabbricato in lamiera. Si asseconda la provinciale a sinistra per circa sette minuti perdendo lievemente quota: nel momento in cui la strada curva a sinistra e la dorsale boscosa alla nostra destra si abbassa notevolmente, s’imbocca un sentiero. Montati sul crinale, ci si innesta nel percorso dell’Alta Via dei Monti Liguri, che si segue a destra effettuando presto una netta svolta a sinistra. Oltre quest’ultima, al bivio che si presenta, si prende il percorso di sinistra (nessuna indicazione) contrassegnato n° 113. Si incomincia in questo modo un lungo tratto a mezza costa per magnifico sentiero perlopiù pianeggiante, avanzando inizialmente fuori dal bosco, poi al suo interno. Guadagnata molto più avanti, dopo un tratto di lieve salita tra belle conifere, una dorsale, la si valica oltrepassando una recinzione, volgendo subito a sinistra per carraia. Al bivio che si presenta appena dopo, s’imbocca l’ampio tracciato di destra che costituisce la continuazione del segnavia n° 113. Si avanza comodamente in piano, ammirando splendide visuali e attraversando la testata del vallone, delimitato a destra dalla dorsale Coppello/Chiappozzo, che digrada verso il fondovalle Vara. Penetrati nella copertura boscosa formata da faggi di notevole interesse, si attraversa un rio e al bivio che si presenta poco più avanti si continua diritto/destra. Si procede perlopiù in lieve salita attraversando delle vallette, uscendo in seguito dalla vegetazione nel contesto di splendidi pendii prativi. Guadagnato il crinale Coppello/Chiappozzo in corrispondenza del Passo del Gatto, 1048 m, abbandonata l’ampia traccia, si asseconda per sentiero la panoramica dorsale erbosa con rocce calcaree affioranti, raggiungendo in breve la panoramicissima cima del Monte Coppello, 1062 m. Dalla sommità si continua ancora per un breve tratto lungo il crinale, abbandonandolo nel momento in cui ci si innesta in una carraia. La si segue a destra, iniziando a perdere quota in versante Graveglia verso i Casoni di Chiappozzo, località che si raggiunge in circa 30/35 minuti di piacevole cammino transitando nei pressi di una cava abbandonata di oficalciti. Appena dopo il piccolo nucleo di case in sasso, edificate originariamente dai pastori e utilizzate come dimora estiva, si prende a destra una carraia, costeggiando inizialmente dei prati e continuando a destra al bivio che si presenta poco più avanti. Notando una fontana a destra e a sinistra un altro edificio della stessa struttura di quella dei Casoni di Chiappozzo, si avanza in lieve salita immersi in splendido ambiente boschivo. Usciti temporaneamente dalla vegetazione, si procede tagliando dei dirupi ofiolitici, ammirando stupende visuali sul versante sud dello Zatta. Raggiunto un bivio, si trascura il tracciato che prosegue diritto, continuando invece per quello principale che mediante diversi tornanti perde marcatamente quota. Varcato un rio, si riprende a salire lievemente uscendo pian piano dalla più fitta copertura boscosa. Si costeggiano spettacolari rocce ofiolitiche e nei pressi di un poggetto si volge a destra, rientrando successivamente nel bosco. Uscitone (a destra presa dell’acquedotto), si avanza costeggiando una recinzione e, svoltati a destra, si penetra in una fascia boscosa dirigendosi verso un rio. Varcato quest’ultimo, si esce dalla vegetazione arborea e, costeggiando delle pareti ofiolitiche, si giunge nei pressi di un anfratto. Appena dopo quest’ultimo, l’autore della relazione ha abbandonato la carraia e ha iniziato l’ascesa del cosiddetto “crestone sud” (in realtà ci troviamo alla base di un ampio costone, molto poco definito, che solo nella parte alta prenderà le sembianze di una cresta). Di seguito verranno fornite solo indicazioni generiche aventi il valore di testimonianza e nulla di più. Avendo come punto di riferimento un groppo ofiolitico situato più in alto a destra, si risale alla bene e meglio il soprastante pendio formato da ghiaie, rocce rotte e vegetazione, spostandosi, dopo la prima sezione, un po’ a sinistra. Messo piede verso destra sulla cresta del gendarme ofiolitico, la si asseconda solo per poco e, abbandonatala scendendo brevemente a sinistra, si risale molto scomodamente il pendio boscoso costeggiando le pareti del groppo. Innestatosi verso sinistra in una traccia, la si segue raggiungendo in breve una selletta delimitata a destra dalla cima, contraddistinta da un bastone, del più volte menzionato gendarme ofiolitico. Dalla sella, trascurato il sentiero di destra che procede a mezza costa, si sale diritto assecondando una traccia abbastanza evidente nonostante la rigogliosa vegetazione. Avendo come direttiva l’ampio costone che solo molto più in alto si trasformerà in dorsale caratterizzata da risalti rocciosi (arenaria macigno), si guadagna ripidamente quota per labile percorso, il quale, più in alto, conduce alla base di un aperto pendio cespuglioso. Lo si risale faticosamente spostandosi nella parte superiore a destra, volgendo successivamente a sinistra onde riprendere il boscoso filo della dorsale. Lo si asseconda per un tratto direttamente e, tenendosi in seguito nei suoi pressi, si procede tra cespugli e vegetazione varia. Rimontati sul dorso del costone, ci si dirige verso un risalto più ripido della dosale, ora più definita rispetto alla sezione precedente. Giunti alla base del pendio, il sentierino abbandona il crinale e, procedendo a mezza costa nel suo versante sud-ovest, tende a perdersi. Si insiste, perciò, lungo il filo del costone, molto poco attraente, e lo si risale alla bene e meglio con ascesa faticosa tra cespugli e rocce affioranti. Guadagnato il sommo della sezione ripida, si continua lungo la direttiva della cresta scavalcando un poggetto, raggiungendo più avanti una selletta alla base di un altro tratto ripido. Lo si supera direttamente con molta attenzione, scalando nella parte finale qualche facile gradino, continuando poi per crinale più facile ma sempre ostacolato da vegetazione invadente. Guadagnata un’ulteriore sella, si deve gioco forza risalire, scegliendosi il percorso migliore, il soprastante salto molto ripido, superando anche qualche insidiosa balza. Oltre quest’ultimo ostacolo, si mette piede in un ripiano sopra il quale la costa diviene finalmente più rocciosa e definita, assumendo effettivamente le fattezze di un “crestone”. Poco più in alto, si incomincia la scalata di una serie di risalti rocciosi, situati a fianco di conifere, abbastanza ripidi ma molto brevi e divertenti (movimenti di II°). Passando di balza in balza, scalandone una più rilevante tenendosi a sinistra (II°) e scegliendo i punti più deboli in quelle successive (altri brevi passaggi di II°/II°+), si arriva alla base di un’impegnativa fascia rocciosa caratterizzata da verticali pareti incise da fessure. L’autore della relazione si è spostato a destra in direzione di alcuni alberi aggirando un roccione sporgente, risalendo poi verso sinistra facili rocce e recuperando il filo della dorsale (ometto) in corrispondenza di un faggio. Ci troviamo ormai nella parte finale del “crestone”, forse quella più interessante e piacevole. Si scala una sequenza di brevissime balze con interessanti movimenti d’arrampicata di II°/II°+, fino ad innestarsi, in corrispondenza della dorsale sommitale, nel percorso A11. Lo si asseconda a destra costeggiando il margine della faggeta e, superata una breve balza attrezzata con catena e staffe (altrimenti I°+), si guadagna la cima del Monte Zatta di Ponente, 1355 m. Dopo una meritatissima sosta, si inizia il percorso di rientro, svolgentesi nella prima parte lungo la dorsale dello Zatta. Assecondando l’ottimo sentiero segnato, si procede alternando tratti in cui si cammina lungo lo spettacolare bordo del crinale sommitale, ad altri in cui, spostandosi a sinistra, si avanza all’interno di una faggeta di rara bellezza. Con andamento in piano, lieve discesa e leggera salita, si raggiunge la seconda più rilavante cima del Monte Zatta, quella di levante, 1404 m. Dalla sommità si continua lungo la naturale direttiva rappresentata dalla dorsale occidentale della montagna e, trascurato il tracciato A10, si guadagna la cima del Monte Prato Pinello, 1390 m. Il percorso (Alta Via dei Monti Liguri) insiste lungo il crinale montuoso assecondandone l’andamento, iniziando più avanti a scendere piuttosto ripidamente all’interno del bosco. Usciti in un pendio aperto caratterizzato da affioramenti di rocce scure, lo si discende interamente, volgendo poi a sinistra onde rientrare nella faggeta. Più in basso, l’ottimo sentiero procede parallelamente alla boscosa dorsale, conducendo in un ripiano dove piega a sinistra (segnavia). Perdendo ripidamente quota tenendosi nei pressi e lambendo il crinale montuoso, si esce in seguito in un pendio cespuglioso con stratificazioni, in cui il percorso risulta non molto evidente. Senza lasciarsi fuorviare da tracce laterali, si deve discendere il pendio per sentiero appena accennato, fino a rientrare nella copertura boscosa e perdere quota al sommo di un fosso. Il tracciato, ora più evidente, continua a scendere in modo piuttosto ripido e diretto, presentandosi in un tratto scomodo per il tappeto di foglie che lo ricopre. Raggiunto il bivio con il percorso n° 113 incontrato all’andata, si rientra al punto di partenza ripercorrendo lo stesso tragitto effettuato nella prima parte dell’escursione.

























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