Monte Zatta da Santa Maria del Taro (con esplorazione del “crestone sud”)

{In rosso è evidenziato, in modo del tutto ipotetico e incompleto, il percorso del cosiddetto “crestone sud” del Monte Zatta di Ponente}

Punto di partenza/arrivo: slargo lungo la SS 593 poco dopo la località Santa Maria del Taro in direzione del Passo del Bocco

Dislivello: 1200 m ca.

Durata complessiva: 7,30 h

Tempi parziali: punto di partenza-SP 27 (1 h) ; SP 27-Passo del Gatto (1 h) ; Passo del Gatto-Casoni di Chiappozzo-Monte Zatta di Ponente (3 h) ; Monte Zatta di Ponente-punto di partenza (2,30 h) 

Difficoltà: EE+/F il “crestone sud” del Monte Zatta di Ponente; E la restante parte dell’itinerario

Attrezzatura: ordinaria da escursionismo

Ultima verifica: maggio 2022

Accesso stradale: Parma-Borgo Val di Taro-Bedonia-Santa Maria del Taro. Da quest’ultima località si continua verso il Passo del Bocco solo per poco, parcheggiando l’auto in uno slargo a sinistra della carreggiata nei pressi dell’imbocco dello stradello che conduce a Vallombraria

www.openstreetmap.org

{Nella sezione evidenziata con il tratteggio colore arancio, il percorso è puramente indicativo. L’autore della relazione NON UTILIZZA IL GPS}

Descrizione dell’itinerario

Lunga, impegnativa e spettacolare proposta escursionistica nel contesto di un’area montuosa, quella del Monte Zatta, a cavallo tra l’Emilia e la Liguria. Dopo un sostanzioso avvicinamento da Santa Maria del Taro, si propone la risalita quasi integrale di quello che in più guide escursionistiche, ormai datate e non più aggiornate, è stato battezzato “crestone sud”. Quest’ultimo, digradando dalla dorsale sommitale del Monte Zatta di Ponente, si presenta nella parte alta erboso e con affioramenti rocciosi, mentre in quella bassa risulta perlopiù cespuglioso/boscoso e molto poco definito. L’autore della relazione, affidandosi ad informazioni lacunose, ha tribolato non poco nell’ascesa del crestone, facendo i conti con passaggi molto scabrosi tra vegetazione invadente ed impegnandosi nella sezione finale in risalti rocciosi il cui superamento diretto avrebbe implicato difficoltà ben superiori al II° e III°- dichiarato altrove. Si tratta, come si evince dal titolo dato all’itinerario, di un percorso di carattere esplorativo, di cui il sottoscritto offrirà solo indicazioni di massima, invitando i pochissimi interessati a scegliersi il percorso più opportuno mediante un’attenta valutazione da effettuarsi in loco. Siamo di fronte ad un ulteriore esempio di escursionismo molto evoluto “di ricerca”, stimolante il libero esercizio della creatività, dimensione strutturale nell’uomo ma sempre più anestetizzata da una pessima tendenza alla massificazione che sta prendendo il sopravvento anche nell’ambito delle attività montane. Contrapponendosi a questa inclinazione, l’autore della relazione non utilizza il navigatore satellitare, offrendo la sua esperienza attraverso lo strumento letterario, il miglior mezzo al fine di descrivere e testimoniare un avvenimento, invitando il lettore non all’imitatio, nel senso di ripetizione pedissequa (che è ciò che si fa affidandosi ad una traccia GPS), ma all’aemulatio, ossia il migliorare e completare ciò che viene proposto attuando la propria libera e personale iniziativa. 

Dal punto di partenza si percorre per pochissimo la strada verso il Passo del Bocco, notando dapprima lo stradello d’accesso alla frazione Vallombraria e, appena dopo, un sentiero che si stacca a sinistra (CAI n° 859). Imboccatolo, si avanza in moderata pendenza effettuando qualche tornante, lambendo più in alto e assecondando per un breve tratto una dorsale boscosa. Si procede poi comodamente a mezza costa in un contesto boschivo molto interessante caratterizzato da faggi e da alberi di castagno. Volgendo in seguito a sinistra, si giunge nei pressi di un muretto delimitante una piazzola, avanzando successivamente a fianco di un avvallamento su sentiero piuttosto infrascato (segnavia). Dopo un ripido strappo in cui si aggira a sinistra una sezione di percorso inagibile in quanto ostruita da tronchi, si piega a destra procedendo meno ripidamente, oltrepassando più avanti un tratto in cui il sentiero risulta poco evidente. Ammirando la bellezza dell’ambiente boschivo in cui siamo immersi, si avanza per traccia spesso poco incavata e palesemente trascurata, come si denota dalle sterpaglie che ne ricoprono il fondo. Inoltre, più avanti, prima di effettuare una svolta a sinistra, si deve aggirare un’altra sezione in cui il tracciato risulta ostruito da rami e tronchi. Il percorso si innesta in seguito in una dorsale boscosa e l’asseconda all’inizio direttamente, poi restando nei suoi pressi, presentandosi anche qui poco marcato e ricoperto da fogliame e sterpaglie. Procedendo in direzione sud, si attraversa più avanti un’area di rado bosco sottopassando un elettrodotto, rientrando poi nella copertura boscosa. Qui il percorso sembra spegnersi, ma volgendo a destra (segnavia collocato in posizione sbagliata) e scendendo per qualche metro si recupera la continuazione del sentiero. Nella sezione successiva, il tracciato risulta più evidente ed incavato, sviluppandosi prima all’interno di una bella faggeta, poi, dopo aver valicato il crinale del Monte Malanotte segnante il confine tra Emilia e Liguria, in spettacolare ambiente caratterizzato da coste parzialmente rocciose. Gustando senza fretta questa sezione di sentiero veramente godibile in cui si procede in modo sostanzialmente pianeggiante tra rado bosco, si inizia più avanti perdere quota per carraia. Giunti ad un bivio, si prende il sentiero di destra che, dopo il primo tratto nella vegetazione, risale una spettacolare costa, volgendo più in alto a destra. Avanzando in modo pianeggiante all’interno del bosco, si svolta successivamente a sinistra e per carraia ci si immette nella SP 27 in corrispondenza di un prefabbricato in lamiera. Si asseconda la provinciale a sinistra per circa sette minuti perdendo lievemente quota: nel momento in cui la strada curva a sinistra e la dorsale boscosa alla nostra destra si abbassa notevolmente, s’imbocca un sentiero. Montati sul crinale, ci si innesta nel percorso dell’Alta Via dei Monti Liguri, che si segue a destra effettuando presto una netta svolta a sinistra. Oltre quest’ultima, al bivio che si presenta, si prende il percorso di sinistra (nessuna indicazione) contrassegnato n° 113. Si incomincia in questo modo un lungo tratto a mezza costa per magnifico sentiero perlopiù pianeggiante, avanzando inizialmente fuori dal bosco, poi al suo interno. Guadagnata molto più avanti, dopo un tratto di lieve salita tra belle conifere, una dorsale, la si valica oltrepassando una recinzione, volgendo subito a sinistra per carraia. Al bivio che si presenta appena dopo, s’imbocca l’ampio tracciato di destra che costituisce la continuazione del segnavia n° 113. Si avanza comodamente in piano, ammirando splendide visuali e attraversando la testata del vallone, delimitato a destra dalla dorsale Coppello/Chiappozzo, che digrada verso il fondovalle Vara. Penetrati nella copertura boscosa formata da faggi di notevole interesse, si attraversa un rio e al bivio che si presenta poco più avanti si continua diritto/destra. Si procede perlopiù in lieve salita attraversando delle vallette, uscendo in seguito dalla vegetazione nel contesto di splendidi pendii prativi. Guadagnato il crinale Coppello/Chiappozzo in corrispondenza del Passo del Gatto, 1048 m, abbandonata l’ampia traccia, si asseconda per sentiero la panoramica dorsale erbosa con rocce calcaree affioranti, raggiungendo in breve la panoramicissima cima del Monte Coppello, 1062 m. Dalla sommità si continua ancora per un breve tratto lungo il crinale, abbandonandolo nel momento in cui ci si innesta in una carraia. La si segue a destra, iniziando a perdere quota in versante Graveglia verso i Casoni di Chiappozzo, località che si raggiunge in circa 30/35 minuti di piacevole cammino transitando nei pressi di una cava abbandonata di oficalciti. Appena dopo il piccolo nucleo di case in sasso, edificate originariamente dai pastori e utilizzate come dimora estiva, si prende a destra una carraia, costeggiando inizialmente dei prati e continuando a destra al bivio che si presenta poco più avanti. Notando una fontana a destra e a sinistra un altro edificio della stessa struttura di quella dei Casoni di Chiappozzo, si avanza in lieve salita immersi in splendido ambiente boschivo. Usciti temporaneamente dalla vegetazione, si procede tagliando dei dirupi ofiolitici, ammirando stupende visuali sul versante sud dello Zatta. Raggiunto un bivio, si trascura il tracciato che prosegue diritto, continuando invece per quello principale che mediante diversi tornanti perde marcatamente quota. Varcato un rio, si riprende a salire lievemente uscendo pian piano dalla più fitta copertura boscosa. Si costeggiano spettacolari rocce ofiolitiche e nei pressi di un poggetto si volge a destra, rientrando successivamente nel bosco. Uscitone (a destra presa dell’acquedotto), si avanza costeggiando una recinzione e, svoltati a destra, si penetra in una fascia boscosa dirigendosi verso un rio. Varcato quest’ultimo, si esce dalla vegetazione arborea e, costeggiando delle pareti ofiolitiche, si giunge nei pressi di un anfratto. Appena dopo quest’ultimo, l’autore della relazione ha abbandonato la carraia e ha iniziato l’ascesa del cosiddetto “crestone sud” (in realtà ci troviamo alla base di un ampio costone, molto poco definito, che solo nella parte alta prenderà le sembianze di una cresta). Di seguito verranno fornite solo indicazioni generiche aventi il valore di testimonianza e nulla di più. Avendo come punto di riferimento un groppo ofiolitico situato più in alto a destra, si risale alla bene e meglio il soprastante pendio formato da ghiaie, rocce rotte e vegetazione, spostandosi, dopo la prima sezione, un po’ a sinistra. Messo piede verso destra sulla cresta del gendarme ofiolitico, la si asseconda solo per poco e, abbandonatala scendendo brevemente a sinistra, si risale molto scomodamente il pendio boscoso costeggiando le pareti del groppo. Innestatosi verso sinistra in una traccia, la si segue raggiungendo in breve una selletta delimitata a destra dalla cima, contraddistinta da un bastone, del più volte menzionato gendarme ofiolitico. Dalla sella, trascurato il sentiero di destra che procede a mezza costa, si sale diritto assecondando una traccia abbastanza evidente nonostante la rigogliosa vegetazione. Avendo come direttiva l’ampio costone che solo molto più in alto si trasformerà in dorsale caratterizzata da risalti rocciosi (arenaria macigno), si guadagna ripidamente quota per labile percorso, il quale, più in alto, conduce alla base di un aperto pendio cespuglioso. Lo si risale faticosamente spostandosi nella parte superiore a destra, volgendo successivamente a sinistra onde riprendere il boscoso filo della dorsale. Lo si asseconda per un tratto direttamente e, tenendosi in seguito nei suoi pressi, si procede tra cespugli e vegetazione varia. Rimontati sul dorso del costone, ci si dirige verso un risalto più ripido della dosale, ora più definita rispetto alla sezione precedente. Giunti alla base del pendio, il sentierino abbandona il crinale e, procedendo a mezza costa nel suo versante sud-ovest, tende a perdersi. Si insiste, perciò, lungo il filo del costone, molto poco attraente, e lo si risale alla bene e meglio con ascesa faticosa tra cespugli e rocce affioranti. Guadagnato il sommo della sezione ripida, si continua lungo la direttiva della cresta scavalcando un poggetto, raggiungendo più avanti una selletta alla base di un altro tratto ripido. Lo si supera direttamente con molta attenzione, scalando nella parte finale qualche facile gradino, continuando poi per crinale più facile ma sempre ostacolato da vegetazione invadente. Guadagnata un’ulteriore sella, si deve gioco forza risalire, scegliendosi il percorso migliore, il soprastante salto molto ripido, superando anche qualche insidiosa balza. Oltre quest’ultimo ostacolo, si mette piede in un ripiano sopra il quale la costa diviene finalmente più rocciosa e definita, assumendo effettivamente le fattezze di un “crestone”. Poco più in alto, si incomincia la scalata di una serie di risalti rocciosi, situati a fianco di conifere, abbastanza ripidi ma molto brevi e divertenti (movimenti di II°). Passando di balza in balza, scalandone una più rilevante tenendosi a sinistra (II°) e scegliendo i punti più deboli in quelle successive (altri brevi passaggi di II°/II°+), si arriva alla base di un’impegnativa fascia rocciosa caratterizzata da verticali pareti incise da fessure. L’autore della relazione si è spostato a destra in direzione di alcuni alberi aggirando un roccione sporgente, risalendo poi verso sinistra facili rocce e recuperando il filo della dorsale (ometto) in corrispondenza di un faggio. Ci troviamo ormai nella parte finale del “crestone”, forse quella più interessante e piacevole. Si scala una sequenza di brevissime balze con interessanti movimenti d’arrampicata di II°/II°+, fino ad innestarsi, in corrispondenza della dorsale sommitale, nel percorso A11. Lo si asseconda a destra costeggiando il margine della faggeta e, superata una breve balza attrezzata con catena e staffe (altrimenti I°+), si guadagna la cima del Monte Zatta di Ponente, 1355 m. Dopo una meritatissima sosta, si inizia il percorso di rientro, svolgentesi nella prima parte lungo la dorsale dello Zatta. Assecondando l’ottimo sentiero segnato, si procede alternando tratti in cui si cammina lungo lo spettacolare bordo del crinale sommitale, ad altri in cui, spostandosi a sinistra, si avanza all’interno di una faggeta di rara bellezza. Con andamento in piano, lieve discesa e leggera salita, si raggiunge la seconda più rilavante cima del Monte Zatta, quella di levante, 1404 m. Dalla sommità si continua lungo la naturale direttiva rappresentata dalla dorsale occidentale della montagna e, trascurato il tracciato A10, si guadagna la cima del Monte Prato Pinello, 1390 m. Il percorso (Alta Via dei Monti Liguri) insiste lungo il crinale montuoso assecondandone l’andamento, iniziando più avanti a scendere piuttosto ripidamente all’interno del bosco. Usciti in un pendio aperto caratterizzato da affioramenti di rocce scure, lo si discende interamente, volgendo poi a sinistra onde rientrare nella faggeta. Più in basso, l’ottimo sentiero procede parallelamente alla boscosa dorsale, conducendo in un ripiano dove piega a sinistra (segnavia). Perdendo ripidamente quota tenendosi nei pressi e lambendo il crinale montuoso, si esce in seguito in un pendio cespuglioso con stratificazioni, in cui il percorso risulta non molto evidente. Senza lasciarsi fuorviare da tracce laterali, si deve discendere il pendio per sentiero appena accennato, fino a rientrare nella copertura boscosa e perdere quota al sommo di un fosso. Il tracciato, ora più evidente, continua a scendere in modo piuttosto ripido e diretto, presentandosi in un tratto scomodo per il tappeto di foglie che lo ricopre. Raggiunto il bivio con il percorso n° 113 incontrato all’andata, si rientra al punto di partenza ripercorrendo lo stesso tragitto effettuato nella prima parte dell’escursione. 

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Campanile di Colonnata: Cresta Sud-Ovest

Punto di partenza/arrivo: parcheggio in località Tarnone, 477 m

Dislivello: 750 m ca.

Durata complessiva: 5 h

Tempi parziali: Tarnone-inizio cresta Campanile di Colonnata (45 min) ; inizio cresta Campanile di Colonnata-sommità Campanile di Colonnata (1,25 h) ; sommità Campanile di Colonnata-Cava Querciola (50 min) ; Cava Querciola-Fantiscritti (45 min) ; Fantiscritti-Tarnone (1,15 h) 

Difficoltà: F la Cresta Sud-Ovest del Campanile di Colonnata; EE+/F la discesa nel versante est; E il sentiero Tarnone-Fantiscritti

Attrezzatura: nonostante siano presenti degli infissi (corda e scalette), è altamente consigliabile portare con sé il materiale base per le salite su roccia (corda da 50 m nella previsione di dover effettuare delle doppie nella discesa che avviene nel versante est/sud-est della montagna, interessato da un taglio di cava). Infatti, le attrezzature sono state fissate non per agevolare il passaggio degli escursionisti/alpinisti, ma ad uso esclusivo dei tecchiaioli (gli addetti al controllo dei margini superiori dei tagli di cava), quindi potrebbero essere rimosse

Ultima verifica: aprile 2022

Accesso stradale: da Carrara si seguono le indicazioni per Colonnata, raggiungendo e oltrepassando il paese di Bedizzano. Al bivio che si presenta in seguito, si va a sinistra (indicazioni per Carrara, ponti di Vara e cava Fantiscritti) e per ampia strada si arriva ad un grande parcheggio in località Tarnone 

www.openstreetmap.org

{Nella sezione evidenziata con il tratteggio, il percorso è puramente indicativo. L’autore della relazione non utilizza il navigatore satellitare}

Descrizione dell’itinerario

Splendida cima, purtroppo alquanto deturpata dalle cave di marmo che ne hanno “mangiato” buona parte del suo versante orientale e settentrionale. L’ascesa avviene lungo una cresta molto bella e decisamente aerea, attrezzata con una corda, a volte malconcia e poco affidabile, che agevola il passaggio in diversi tratti. La discesa risulta impegnativa, scomoda e delicata. Ci si cala lungo il versante est/sud-est della montagna, incontrando anche qui degli infissi che aiutano notevolmente l’escursionista alle prese con rocce ripide e per niente solide. Messo piede nella parte superiore di un taglio di cava, ci si deve calare di bancata in bancata usufruendo di scalette “mobili” (nel senso che non sono fisse, ma, essendo ad uso esclusivo dei tecchiaioli, vengono spesso rimosse o spostate). Raggiunta l’attiva Cava Querciola, si scende per marmifera e strada asfaltata a Fantiscritti, nota località situata nel cuore delle cave di marmo di Carrara, sede di un museo all’aperto. Da qui si fa ritorno al parcheggio di Tarnone mediante ottimo sentiero segnato. Il percorso proposto può essere effettuato – com’è ovvio, trattandosi di una zona di estrazione del marmo – solo nei giorni festivi. 

Dal parcheggio della località Tarnone, si segue la strada asfaltata in direzione di Carrara e, appena prima di una galleria, s’imbocca a sinistra un sentiero (indicazione turistica dei “sentieri del marmo” – Fantiscritti). Il percorso inizia subito a guadagnare ripidamente quota tra vegetazione piuttosto invadente, compiendo più in alto un tornante destrorso. Si avanza poi in modo sostanzialmente pianeggiante, eccetto un breve tratto in salita, transitando a fianco di un suggestivo rudere. Appena dopo quest’ultimo, si volge a sinistra varcando un solco, iniziando una sequenza di tornanti parallelamente al fosso. Passando a fianco di resti murari di vecchie costruzioni, si piega più in alto a sinistra e si costeggia un secondo interessante rudere. Più avanti si risale un pendio temporaneamente fuori da bosco, per poi rientrarvi e continuare per l’ottimo sentiero che, dopo una salitella piuttosto ripida, volge a destra procedendo in piano. Trascurata una labile traccia, si svolta nettamente a sinistra e si progredisce mediante comodi tornanti, alternando tratti all’interno del bosco ad altri all’aperto. Giunti nei pressi di un ripiano di cava, si volge nettamente a destra e si avanza in moderata salita tagliando un panoramico pendio. Si procede mediante tornanti notando più in alto una tabella esplicativa riguardante il percorso in cui ci troviamo, piegando poi a sinistra e rientrando nella copertura boscosa. Il percorso avanza nel versante nord-ovest della dorsale del Monte Belgia (la cui sommità aggireremo) con andamento inizialmente pianeggiante e poi in discesa. Si riprende in seguito a salire in discreta pendenza (a causa di un tronco d’albero caduto, si deve anche superare una breve balza terrosa) con altre svolte e tornanti, fino ad uscire dal bosco poco sotto l’evidente sella che divide il Monte Belgia dal Campanile di Colonnata, punto di partenza della cresta sud-ovest di quest’ultimo. Oltrepassato un tubo, ci si stacca dal percorso segnato e, verso destra, mediante traccia, si guadagna la panoramica insellatura. Si inizia la risalita del crinale che nella prima parte si presenta ampio e non esposto, incontrando un ometto al sommo del primo dosso. Attraversata mediante tracciolina una fascia di vegetazione e scesi per poco, si incomincia l’ascesa vera e propria della cresta sud-ovest del Campanile di Colonnata. Si asseconda il crinale progressivamente più ripido e stretto ma sostanzialmente facile, eccetto una balza che si incontra nella parte alta, appena prima del culmine della sezione, che può essere scalata direttamente (I°+) oppure aggirata a destra. Dopo un tratto arioso di cresta, si guadagna la sommità di un aereo, panoramico poggio, dal quale si deve obbligatoriamente discendere una verticale paretina onde recuperare la continuazione del crinale. Affidandosi ad una malconcia corda lasciata dai tecchiaioli, oppure mediante breve calata in doppia, si discende con molta attenzione l’esposto salto, valutabile come un buon III° in disarrampicata. Si continua, poi, per cresta decisamente affilata, affrontando un paio di ulteriori, brevi discese che richiedono particolare prudenza, soprattutto la seconda. Successivamente il crinale si amplia, presentandosi comunque roccioso: lo si risale agevolmente incontrando uno spit e, al sommo della sezione, delle corde e materiale vario lasciato dai tecchiaioli. Dopo un tratto facile in cui è presente una corda, si raggiunge una selletta (tubo che taglia da un lato all’altro la montagna) alla base di un ripido risalto. Si scala direttamente la paretina (I°+/II-) per poi continuare su rocce inclinate, divertenti balze e muretti (I°). Più in alto la cresta si assottiglia, presentandosi comunque facile, anche se rotta e accidentata. Recuperata un’altra corda, si procede tenendosi nei pressi del filo del crinale, prestando attenzione alla franosità del terreno nonché all’esposizione. Un arioso e affilato tratto di cresta e una breve discesa, precedono una forcella con bivio. A destra, delle attrezzature, con percorso piuttosto scabroso ed esposto, si dirigono, assecondando una sorta di cengia/rampa, verso la bancata di cava che raggiungeremo dopo aver conquistato la cima; proseguendo diritto, si inizia invece l’ascesa della parte più ripida e spettacolare della cresta, completamente attrezzata con corda (aprile 2022). Appena a sinistra del filo, si scala una verticale ma breve fessura dotata di ottimi appoggi (II°+ senza usare la corda), per poi affrontare un tratto orizzontale di cresta decisamente esposto e delicato. Usufruendo eventualmente della corda, si procede prestando la massima attenzione alla friabilità della roccia nonché all’esposizione sostenuta che caratterizza questo passaggio. Si arriva così alla base della sezione terminale della cresta, decisamente ripida e ariosa, ma tutto sommato meno impegnativa del previsto. Se ne incomincia l’ascesa aiutandosi nei tratti più lisci con la corda presente, evitando tuttavia di tirare eccessivamente su di essa, in quanto di non consolidata sicurezza. Guadagnato il sommo di questo segmento di cresta, occorre affrontare un traverso su crinale molto affilato, che richiede grande attenzione ai movimenti: infatti, l’esposizione è notevole e una caduta potrebbe avere conseguenze esiziali; inoltre, la corda in questo tratto è più di impaccio che di aiuto. L’ultima sezione di cresta comporta la scalata, facilitata dall’onnipresente corda, di balze piuttosto ripide con diversi blocchi instabili, che tuttavia non oppongono soverchie difficoltà. Conquistata la vetta del Campanile di Colonnata (vasca di ferro), 1007 m, ci si inebria di un panorama veramente suggestivo, ma notevolmente guastato dalle cave di marmo ancora attive che lentamente stanno “mangiando” queste montagne. La ripida e delicata discesa avviene nel versante est/sud-est del campanile, ossia verso la sottostante Cava Querciola. Ci si cala con grande attenzione su pendio erto formato da erba, ghiaie e roccette alquanto friabili, puntando ad una rete ben visibile che delimita il margine di un taglio di cava. Giunti in corrispondenza della menzionata rete, si volge a destra e, recuperata una corda d’acciaio, si inizia presto una discesa diretta e impegnativa su ripidi e instabili blocchi rocciosi. Più in basso la corda d’acciaio è accompagnata da un’altra di nylon: ci si cala utilizzando preferibilmente la seconda, discendendo con grande attenzione ripide balze. Nel momento in cui termina la corda d’acciaio, si continua ad assecondare quella di nylon che volge a destra (faccia a valle) verso alcuni alberi. Dopo questi ultimi, si discende una sorta di rampa/canale e, abbandonata la continuazione della corda che si dirige verso la piccola forcella alla base della sezione terminale della cresta del campanile, spostandosi a sinistra si mette piede in una bancata di cava. La si percorre, affrontando presto un delicato ed esposto traverso su stretta cornice, raggiungendo una specie di container. Oltre quest’ultimo, si discende facilmente un taglio di cava mediante scala a pioli, presente in occasione della verifica effettuata dal sottoscritto, che tuttavia potrebbe essere rimossa (in tal caso, occorre effettuare una calata in corda doppia, usufruendo dello spit che si trova all’inizio della bancata). Messo piede su un secondo ripiano, l’autore ha disceso il sottostante muro sfruttando una sezione inclinata e aiutandosi con una corda (per afferrare quest’ultima, è stato necessario sottopassare molto scomodamente un tubo: tratto complessivamente impegnativo, meglio calarsi in doppia). Guadagnata la bancata di cava, a destra si scorge una scaletta che conduce ad un ulteriore ripiano, dal quale, sempre verso destra, si prende l’ultima scala (quest’ultima può essere evitata andando a sinistra e scendendo per ghiaie). Raggiunta verso sinistra la Cava Querciola, si prosegue lungo la marmifera d’accesso, ammirando suggestive ma “drammatiche” visuali sulla sezione scavata del campanile la cui cima abbiamo conquistato. Dopo una discesa, al bivio che si presenta, si continua a sinistra, dirigendosi verso un crinale. Guadagnato quest’ultimo mediante breve risalita, si incomincia a perdere quota verso Fantiscritti, seguendo costantemente la non breve strada d’accesso, all’inizio polverosa, poi asfaltata. Raggiunta l’appena menzionata località (425 m), prima di un parcheggio s’imbocca a sinistra una marmifera (indicazioni CAI), iniziando in questo modo la risalita verso la sella compresa tra il Campanile di Colonnata e il Monte Belgia. Compiuto qualche tornante, giunti in corrispondenza di una sorta di container, si prende a destra un sentiero che avanza in moderata pendenza. Ammirando belle visuali e sovrappassando un tubo, si raggiunge un paletto di legno in corrispondenza di uno spiazzo di vecchia cava, all’inizio di una sezione di lizza che il percorso asseconda. Si avanza per il suggestivo tracciato delimitato da muretti, procedendo più in alto tra vegetazione e arbusti e incontrando resti murari di vecchia costruzione. Compiuti alcuni tornanti all’interno del bosco, l’ottimo sentiero sale costeggiando un ravaneto, conducendo in un’area caratterizzata da detriti in cui si nota una sorta di rudimentale bivacco. Giunti alla base di una parete rocciosa, si volge a destra e si procede tagliando un ravaneto, assecondando in seguito una dorsale. Più in alto il percorso rientra nella vegetazione arborea ed avanza in ripida salita effettuando diversi tornanti. Guadagnata una dorsale (bacheca con mappa relativa al “sentiero del marmo”) poco sotto la sommità del Monte Novello, la si asseconda a sinistra per un singolo tratto, volgendo poi repentinamente a destra. Procedendo a mezza costa, ci si dirige verso l’evidente sella da cui abbiamo iniziato l’ascesa della cresta sud-occidentale del Campanile di Colonnata. Ripercorrendo lo stesso sentiero seguito all’andata, si rientra al punto di partenza in località Tarnone.   

Monte Tugello (Cresta Nord) e Monte Tobbio (Cresta Ovest)

Punto di partenza/arrivo: Valico degli Eremiti, 559 m

Dislivello: 1300 m ca.

Durata complessiva: 7 h

Tempi parziali: Valico degli Eremiti-guado Gorzete (45 min) ; guado Gorzete-Monte Tugello (1,30 h) ; Monte Tugello-Ponte Nespolo (1 h) ; Ponte Nespolo-attacco percorso Cresta Ovest Monte Tobbio (30 min) ; attacco percorso Cresta Ovest Monte Tobbio-sommità Monte Tobbio (2 h) ; sommità Monte Tobbio-Valico degli Eremiti (1,15 h) 

Difficoltà: F/F+ la Cresta Nord del Monte Tugello; F/F+ la Cresta Ovest del Monte Tobbio; E/E+ la restante parte dell’itinerario

Attrezzatura: ordinaria da escursionismo; per i meno esperti si consiglia l’utilizzo del materiale d’assicurazione

Ultima verifica: aprile 2022

Accesso stradale: il Valico degli Eremiti si raggiunge da Serravalle Scrivia seguendo la SP 161 per Gavi e la SP 160 fino a Voltaggio. Dal centro di quest’ultimo, effettuato il guado stradale del Torrente Morsone, si sale per stretta e tortuosa carrozzabile, raggiungendo in circa 5 km il passo 

www.openstreetmap.org

{Nelle sezioni evidenziate in colore arancio, il percorso è puramente indicativo}

Descrizione dell’itinerario

Il parco naturale delle Capanne di Marcarolo è situato nella linea di confine tra l’Appennino piemontese e quello ligure. Di grande valore naturalistico, offre diverse possibilità escursionistiche su sentieri segnati, nonché alcuni percorsi che spaziano in quel “limbo” indefinibile – ma proprio per questo di straordinario interesse e creatività – tra l’escursionismo evoluto e l’alpinismo facile. In questa sede si propone la combinazione di due creste che alternano singole sezioni d’arrampicata a tratti in cui si cammina. La Cresta Nord del Monte Tugello risulta sostanzialmente facile, ma allo stesso tempo selvaggia e dallo sviluppo non trascurabile. Il sottoscritto, a causa di informazioni errate desunte in rete, si è imbarcato in un’arrampicata iniziale particolarmente rischiosa, da evitare in ogni modo. L’autore ne offre una sommaria descrizione il cui valore non va oltre la testimonianza, perciò invita gli eventuali percorritori, una volta effettuato il guado del Torrente Gorzete, a scegliersi un altro accesso al fine di raggiungere il crinale vero e proprio del Monte Tugello. Riguardo invece all’altra cresta, quella ovest del Monte Tobbio, si tratta (forse) di un itinerario più battuto nonché segnato, che offre passaggi d’arrampicata belli e soddisfacenti. Nella prima parte, quella relativa all’avvicinamento alla direttiva costituita dalla dorsale, la nuova segnaletica induce l’escursionista a spostamenti assolutamente illogici tra vegetazione spesso invadente. Ciononostante, tale “ravanàge” risulta avvincente in quanto permette di cimentarsi in gradevoli mini-arrampicate su risalti di pochi metri. La combinazione proposta è certamente remunerativa e completa da qualsiasi punto di vista, ma lunga, faticosa e impegnativa, riservata ad escursionisti molto esperti e preparati. 

Dal Valico degli Eremiti, si segue per alcuni minuti la stradina asfaltata in direzione di Ponte Nespolo, fino ad oltrepassare un rio. Appena dopo si incontra a destra l’imbocco del sentiero (CAI n° 402 e FIE due linee gialle) che conduce al Lago Superiore di Lavagina. Seguiamo questo percorso perdendo lievemente ma costantemente quota all’interno di un piacevole ambiente boschivo, varcando alcuni ruscelli asciutti e avvicinandosi al fondo della valletta formata dal Rio degli Eremiti. Usciti dalla copertura boscosa, si avanza a mezza costa parallelamente al corso d’acqua, ammirando notevoli visuali panoramiche (davanti a noi è evidentissima la cresta settentrionale del Monte Tugello) e guastando le peculiarità di un ambiente unico. Valicata una costa, una specie di cresta rocciosa caratterizzata da particolari torrioni, situata in alto a sinistra, non può non attirare la nostra attenzione. Compiuto un tornante destrorso, si scende verso il Rio degli Eremiti e lo si guada nei pressi di una spettacolare pozza con cascatella. Si guadagna poi quota nella brulla sponda opposta, doppiando, dopo un tratto pianeggiante, una dorsale rocciosa. Il sentiero riprende successivamente a scendere, dirigendosi verso la confluenza del Rio degli Eremiti nel Torrente Gorzete, punto di inizio della Cresta Nord del Monte Tugello. La base della lunga dorsale montuosa è caratterizzata da una caratteristica lastra rocciosa che si erge da una spiaggetta nell’altra sponda del Torrente Gorzete. Giunti poco sopra la citata confluenza, si abbandona il sentiero segnato, che continua a procedere a mezza costa, e si scende onde effettuare il guado del corso d’acqua, proibitivo in diversi periodi dell’anno. Varcato il torrente proprio all’altezza dell’ansa (ometto) dominata dalla placca rocciosa, oppure un po’ più a sud, si arriva alla base del primo salto Cresta Nord del Monte Tugello, che costituisce il tratto più impegnativo dell’ascesa. Di seguito si descrive in modo sommario la linea seguita dall’autore della relazione, ricordando che esso, a causa di un errore, si è impegnato in difficoltà nettamente fuori- standard rispetto a quelle imposte dal percorso “tradizionale”. A destra della bella placca a forma di scudo, si nota un canale erboso con arbusti, oltre il quale si erge una sorta di poco invitante diedro. Il sottoscritto l’ha risalito nonostante i chiari segni lasciati (bastone sistemato a mo’ di sbarramento e x sovrapposta ad una freccia) al fine di non avventurarvisi, suggerimento da tenere in seria considerazione, in quanto trattasi di una sezione d’arrampicata assolutamente pessima e pericolosa. Detto questo, tenendo fede agli intenti che in origine hanno presieduto alla creazione del presente blog, ossia il testimoniare le esperienze montane dell’autore trasposte in relazione tecnica, si descrive ugualmente questa sezione dell’ascesa. Si inizia perciò la risalita del diedro sfruttando nella prima parte buoni appoggi, con arrampicata tutto sommato gradevole. Poco più in alto, l’ascesa diviene ben più delicata e oggettivamente rischiosa. Si progredisce su rocce non solide, erba e arbusti, aggirando scomodamente a sinistra un’impegnativa balza. Ma la “ciliegina sulla torta” è costituita dall’uscita strapiombante, non evitabile a meno di non avventurarsi su ripidissimi e pericolosissimi pendii erbosi. Per superare questa sezione, ci si sposta un poco a destra e, agguantata una fessura/lama di dubbia stabilità, si scala faticosamente il muro terminale (III°+). Usciti indenni da questa pessima “overture” (tranquillamente evitabile cercandosi un accesso a destra, oppure a sinistra, come è descritto in una valida relazione presente in rete), si continua facilmente superando a sinistra una verticale balza, guadagnando appena dopo il filo di cresta. Lo si asseconda agevolmente, affrontando o evitando un piccolo risalto che precede una sorta di selletta. Avendo sempre come direttiva il crinale montuoso, si procede superando roccette e una placchetta di II°, incontrando un ometto appena dopo quest’ultima. Scalando o aggirando brevi balze, ci si avvicina ad una sezione più ripida e impegnativa della cresta, la cui base si raggiunge dopo aver attraversato una piccola macchia formata da arbusti e vegetazione varia. Si scala il risalto tenendosi nei pressi del filo del crinale (passi di I° e II°), aggirando più in alto una verticale paretina. Seguono alcuni denti rocciosi, i quali possono essere attraversati tenendosi a sinistra del filo oppure bypassati, che precedono una selletta. Si prosegue per la direttiva principale, che si presenta ampia e non esposta, ma allo stesso tempo ripida, erbosa e con affioramenti rocciosi. Procedendo delicatamente scegliendosi il passaggio migliore, si arriva alla base della sezione rocciosa più impegnativa. La si supera scalando inizialmente uno spuntone a forma di becco inciso da una fessura (II°/II°+), sfruttando poi una rampa obliqua da sinistra a destra. Si continua ad assecondare il filo di cresta, facile e panoramico, fino ad arrivare all’inizio di un’altra sezione più alpinistica. Dopo un breve passaggio su crinale affilato, si scala una balza lungo il suo versante sinistro, risalendo con bella arrampicata un solido diedrino di pochi metri (II°). Si prosegue poi per cresta, ancora per un tratto rocciosa e accidentata, ma sostanzialmente facile. Raggiuta più avanti una selletta (una traccia si sposta verso ovest), si riprende a salire per la direttiva del crinale, che si presenta facile e perlopiù erboso, mentre un piccolo risalto che si incontra nella parte alta lo si può superare direttamente o aggirare ai lati. Guadagnata la sommità di una quota, si scende su grossi blocchi alla sottostante insellatura, dove si taglia un sentiero, riprendendo poi ad ascendere onde conquistare la cima dell’altura che precede la vetta del Monte Tugello. Guadagnata facilmente, progredendo su ampia dorsale erbosa, la menzionata sommità, si scende alla sella (sentiero che si stacca verso est) alla base del terminale pendio terroso/erboso. Lo si risale faticosamente senza incontrare tracce, superando direttamente la soprastante fascia di roccette. Guadagnata con soddisfazione la panoramicissima sommità del Monte Tugello, 848 m, si continua per traccia lungo la linea della cresta sud, perdendo quota in direzione di una selletta. Scavalcato un poggio e raggiunta una seconda sella, si abbandona il tracciato di crinale, imboccando a sinistra un sentiero (si ignora, proprio in corrispondenza dell’inizio, una traccia che si stacca a destra) contrassegnato da ometti e nastri di plastica bianco-rossi. Dopo il primo tratto in direzione est/nord-est in cui si costeggia una fascia rocciosa, si svolta nettamente a destra e si procede a mezza costa su pendio caratterizzato da risalti di serpentinite. Guastando la straordinarietà dell’ambiente in cui ci troviamo, selvaggio come pochi, si avanza costantemente in questa direzione tagliando i pendii della sponda sinistra orografica della valle formata dal Gorzete. Oltrepassati alcuni avvallamenti, al bivio che si incontra, si prosegue per il sentiero di destra (ometto e tronco che sbarra il percorso di sinistra) che sale lievemente, dirigendosi verso un altro fosso/avvallamento. Dopo un tratto in cui si procede in leggera salita, si attraversa agevolmente una sezione di sentiero franato, riprendendo poi a scendere verso il fondovalle Gorzete (ometti e segni gialli). Attraversate delle macchie boscose, si compie qualche tornante, incontrando un bivio in cui si può scegliere se scendere subito al Torrente Gorzete, oppure proseguire a destra, procedendo ancora per un tratto a mezza costa. Varcato più avanti un ramo del torrente, il sentiero diviene sempre più labile fino a perdersi del tutto. Si procede quindi tra arbusti e ghiaie, attraversando un altro ramo del corso d’acqua principale ed effettuando poi il guado (che potrebbe risultare, in determinati periodi dell’anno, proibitivo) del Gorzete nei pressi di Ponte Nespolo. Messo piede nella strada asfaltata proveniente dal Valico degli Eremiti (SP 165), la si segue in direzione di esso, avanzando in piano e in leggera salita. Ammirando notevoli visuali sulla selvaggia valle formata dal Gorzete, si raggiunge in circa mezz’ora l’attacco del percorso alpinistico della Cresta Ovest del Monte Tobbio (scritta rossa con freccia), situato appena dopo un corso d’acqua asciutto e in corrispondenza di una netta svolta a sinistra della strada. Si scala direttamente la soprastante, breve placca con bella arrampicata (II°+), progredendo poi su rocce molto più facili. Poco dopo, occorre volgere a destra e risalire agevoli balze (II°-), continuando poi, per un tratto, tra arbusti. Guardando a destra, si nota una rocciosa costa con ometti: ci dirigiamo quindi verso essa e la risaliamo. Poi, l’artificioso percorso, contrassegnato da sporadiche frecce rosse, indica di spostarsi ulteriormente a destra in direzione di un’altra balza. Noi obbediamo e, procedendo senza traccia tra arbusti, raggiungiamo la base del piccolo risalto (freccia rossa) caratterizzato da un diedro. Lo scaliamo con bella arrampicata (passo di II°/II°+), prestando successivamente attenzione ad una freccia impressa su un sasso che indica, in modo totalmente illogico, di svoltare ulteriormente a destra. In corrispondenza di alcune roccette, si incontrano altri segnavia che ci confermano di essere nel giusto “percorso”, anche se l’impressione è quella di vagare a sentimento alla ricerca di affioramenti rocciosi. Progredendo ripidamente su ghiaie, erba e arbusti (ometti ben posizionati), ci si innesta in un sentiero che tuttavia si abbandona subito (assecondando questa traccia, si guadagnerebbe la dorsale ovest del Tobbio senza ulteriori e illogici spostamenti). Si sale faticosamente su pendio formato da massi e ghiaie, fino a raggiungere la base di un interessante risalto roccioso. Dopo un breve spostamento a sinistra, si risalire un angusto caminetto (II°-) che precede una breve ma quasi verticale balza (II°). Conquistato il sommo della sezione rocciosa (bolli sbiaditi), si procede orientandosi con gli ometti, superando anche un piccolo risalto. Poco sopra quest’ultimo, si guadagna finalmente il poco accennato filo della cresta/dorsale, che costituisce la direttiva principale onde conquistare la cima del Monte Tobbio. Scalando e aggirando brevi balze, si arriva alla base del risalto roccioso più rilevante e con maggiore continuità di tutta l’ascesa (nessun segnavia). Si scala la quasi verticale parete con bella arrampicata tenendosi più o meno al centro, sfruttando ottimi appigli e appoggi (II°+ e III° nella parte finale). Continuando ad assecondare la direttiva della cresta, si superano altre facili rocce, dirigendosi verso una breve ma significativa balza incisa da uno stretto camino. Scalato scomodamente quest’ultimo (II°/II°+), si prosegue verso un altro piccolo risalto dove riappaiono le frecce rosse incontrate nella parte iniziale dell’ascesa. Superata facilmente la sezione rocciosa, se ne incontra poco sopra una più impegnativa (sbadito segno rosso), che si scala agguantando inizialmente uno spigolo (III°-), cui segue un diedrino di pochi metri (II°/II°+). Più in alto, puntando ad uno sbiadito bollo rosso, si scalano con piacevole arrampicata brevissime e arrotondate balze, cercando i punti più “arrampicosi” nel momento in cui la dorsale lascia maggior spazio all’erba e ai massi. Arrivati alla base di un bel risalto (freccia rossa), lo si scala vincendo un muretto verticale dotato di ottimi appigli (II°+), incontrando poco sopra un’altra breve balza a forma di arrotondato spigolo. Si supera il piacevole passaggio (II°/II°+), continuando poi facilmente su roccette, avendo sempre come direttiva la poco delineata dorsale ovest del Tobbio. Ad un certo punto, appena prima di una selletta, si nota a destra un attraente gendarme, “fuori-via” rispetto alla linea del crinale. Volendolo scalare, si supera inizialmente una brevissima paretina appena a sinistra di una fessura e, guadagnato un piccolo intaglio, si prosegue per il soprastante spigolo con bella arrampicata (II°+/III°-). Si continua poi su rocce facili, incontrando frecce e, più in alto, un paletto di legno ormai in vista della cima del Tobbio, contraddistinta da una chiesetta. Assecondando una traccia, si arriva alla base di una sezione rocciosa che si risale orientandosi con gli ometti, scalando o aggirando brevi balze. Conquistata la sommità del Monte Tobbio, 1092 m, proprio in corrispondenza della chiesa dedicata a Nostra Signora di Caravaggio, si incomincia la discesa verso il Valico degli Eremiti. Il percorso si sviluppa nel versante settentrionale della montagna, che si presenta erboso/roccioso nella parte alta e parzialmente boscoso in quella bassa. Si asseconda un sentiero, contrassegnato FIE, che segue una panoramica dorsale, tenendosi sempre nel percorso più diretto e ignorando tracce laterali. Molto più in basso, dopo un tratto di crinale roccioso che si aggira, si incontra un bivio in cui si possono scegliere entrambi i percorsi (quello di destra è più breve). Si continua a perdere quota su pendio progressivamente colonizzato da profumati pini marittimi, scegliendo, ai diversi bivi, o il tracciato più breve e ripido, oppure quello che, procedendo spesso a mezza costa ed effettuando alcuni tornanti, presenta uno sviluppo maggiore. Ammirando le peculiarità di un ambiente naturale di notevole interesse e pregio, si fa ritorno al Valico degli Eremiti

Rio Moneglia e Rio Spigone

Punto di partenza/arrivo: Calestano 402 m

Dislivello: 1050 m ca.

Durata complessiva: 6,30 h

Tempi parziali: Calestano-Valico di Fragno (2,25 h) ; Valico di Fragno-Canesano (1,30 h) ; Canesano-Calestano (2,35 h)

Difficoltà: E+/EE

Attrezzatura: ordinaria da escursionismo

Ultima verifica: aprile 2022

Riferimento bibliografico: Daniele Canossini, LE VALLI DI PARMA E L’ALTA LUNIGIANA, l’Escursionista, 2002

Accesso stradale: Parma-Felino-Marzolara-Calestano

www.openstreetmap.org

{Nelle sezioni evidenziate in colore arancio, il percorso è puramente indicativo}

Descrizione dell’itinerario

Quella che si propone costituisce una delle più avvincenti e inusuali escursioni che sia possibile effettuare in Val Baganza e, più in generale, nel medio Appennino parmense. Il percorso ad anello, come altri relazionati dal sottoscritto nel presente sito, è desunto da una preziosa guida, ormai piuttosto datata, il cui autore è Daniele Canossini. Si tratta dell’itinerario n° 17 battezzato “Il Corno e il Vitello”, titolo che prende spunto da due boscose cime situate sul crinale Baganza/Parma, che il tracciato non raggiunge ma aggira. Rispetto alla descrizione offerta da Canossini, che a sua volta si riferisce ad una verifica effettuata prima del 2002, anno di pubblicazione della sua guida, l’autore della presente relazione ha riscontrato in alcune sezioni – come bisognava attendersi – cambiamenti notevoli, imputabili ad interventi umani, come sempre aggressivi nei confronti dell’ambiente naturale, nonché incuria dovuta alla scarsa valorizzazione escursionistica di quest’area. Si tratta in particolare del tratto successivo alla località “La Brugnara”, in cui si dovrà assecondare un tracciato molto poco evidente, infrascato e per di più semicancellato da un’orribile operazione di esbosco. Altra sezione da evidenziare, è quella relativa all’inizio della discesa in direzione della valle formata dal Rio Spigone. In questo caso, ci si troverà a percorrere un vecchio sentiero poco riconoscibile e in alcuni punti completamente invaso da arbusti spinosi e rovi. Infine, una volta messo piede nella strada asfaltata per Vigolone, risulterà piuttosto problematico il reperimento della giusta traccia onde raggiungere il fondovalle Spigone. Quelle menzionate costituiscono le inevitabili criticità che concernono percorsi pressoché o del tutto abbandonati; problematiche che non sono in grado di ledere l’interesse globale dell’escursione, anzi rendono il viaggio ancora più interessante, poiché implicante l’esercizio della libera iniziativa del percorritore. Per questo motivo, si sconsiglia l’utilizzo del navigatore satellitare, particolarmente mortificante della dimensione creativa che l’esperienza della montagna non può che stimolare ad esprimersi e concretizzarsi in scelte in alcuni casi da prendersi in loco. Spesso la dimensione del “viaggio” implica l’elemento dell’imprevisto, il quale mette in esercizio quell’aspetto che ognuno di noi possiede e che a volte risulta piuttosto dormiente, anestetizzato da una sottocultura che si fonda sul forzato livellamento di ogni specificità che non sia inquadrabile in una schematizzazione rigidamente razionale e sequenziale. Si sta parlando, come detto prima, della creatività, che nell’attuale proscenio delle attività montane appare – almeno a parere del sottoscritto – assopita e passiva a causa dell’imperare della logica massificante del “si fa così”. 

Dalla netta curva a destra di Via Salvo D’Acquisto, situata nella parte nuova del paese di Calestano, s’imbocca un sentiero (indicazione del CAI) procedendo in modo pianeggiante all’interno di una macchia boscosa parallelamente al Rio Moneglia. Poco più avanti, costeggiato un condominio, si attraversa un’ampia radura, al termine della quale si ripiomba nella vegetazione. Avanzando con andamento pressoché pianeggiante a fianco del corso d’acqua, è necessario in seguito compiere un duplice guado, aggirando in questo modo una sezione in cui il sentiero risulta franato. Procedendo, come prima, in piano parallelamente al Rio Moneglia, lo si guada poco più avanti per la terza volta, raggiungendo appena dopo il margine di ampie radure deturpate da una linea elettrica. Ripiombati quasi subito nella vegetazione, o contornando per un tratto il margine dei prati delimitati a sinistra da un rimboschimento a conifere, si riprende ad avanzare nei pressi del corso d’acqua, in ambiente naturale molto piacevole e suggestivo. Costeggiando all’interno del bosco le ampie radure di prima (interessante muretto a secco alla nostra sinistra), si procede senza guadagnare quota nel fondovalle Moneglia, fino a salire per un breve tratto svoltando a sinistra. Usciti dalla copertura boscosa, ci si innesta in una carraia (indicazioni), che si asseconda a destra (a sinistra condurrebbe a Jano), costeggiando il margine della vegetazione. Rientrati nel variegato ambiente boschivo, si avanza perlopiù in lieve salita (eccetto uno strappo un po’ più ripido), ritornando a costeggiare il Rio Moneglia. Al bivio che si incontra in seguito, si trascura l’ampia traccia che guada il corso d’acqua, continuando invece diritto per ampio sentiero. Il tracciato volge quasi subito a sinistra e guadagna ripidamente quota a fianco un fosso, compiendo più in alto un paio di tornanti. Costeggiato in seguito un rimboschimento a conifere e contornato il margine di bucoliche radure, ci si innesta nella SP 612 all’altezza di Ciano. Si segue a destra, per pochissimo, la strada, imboccando a sinistra una carraia che conduce quasi subito alla casa della località Chiesatto. Il percorso si inerpica, con salita talvolta ripida e faticosa, nel boschivo fianco destro orografico della val Moneglia, transitando inizialmente nei pressi di due prese dell’acquedotto. Guadagnando costantemente quota, prima all’interno di un variegato bosco, poi tra arbusti e cespugli, si raggiunge un bivio in cui si trascura una carraia a destra. Proseguendo per il tracciato principale, si scende lievemente all’interno di una boscosa valletta e, oltrepassato il corso d’acqua che la forma, si riprende a salire per un singolo tratto. Si avanza poi sostanzialmente in piano tra rado bosco e folta vegetazione, fino a raggiungere un crocicchio in cui ci si innesta nel percorso n° 773 proveniente da Jano. Si continua diritto per questo tracciato, costeggiando un’ampia radura e incontrando un bivio che precede di poco un incrocio. Proseguendo diritto, si procede in moderata pendenza in ambiente interessante e con vegetazione variegata, iniziando a valicare il crinale che chiude a nord-est la valle formata dal Rio Moneglia. Il tracciato avanza poi in modo pianeggiate inoltrandosi progressivamente nell’ampia valle del Rio di Ronzano, presentandosi spesso dissestato e infangato a causa del rovinoso passaggio di moto da enduro (quest’area montuosa è molto conosciuta da coloro che amano scorrazzare, in sella a mezzi motorizzati, su carraie e sentieri). Procedendo lungo il margine di radure con arbusti, si volge a destra e, ammirando interessanti visuali sul Monte Sporno, si raggiunge un bivio (indicazioni) nei pressi di un bel ripiano prativo. Si continua per la carraia di destra contornando inizialmente la radura, riprendendo a guadagnare quota in direzione del non lontano crinale del Monte Castellaro. Penetrando progressivamente nel rimboschimento a conifere che ammanta la dorsale a cui siamo diretti, la si raggiunge e valica svoltando a sinistra e scendendo per un breve tratto. Dal bivio in località Cusano (indicazioni), si prosegue per il tracciato di sinistra avanzando in lieve salita sempre all’interno del rimboschimento a conifere che caratterizza questa sezione della dorsale. Con andamento molto lineare, si procede in seguito tra rado bosco costeggiando interessanti stratificazioni del flysch del Monte Sporno, ammirando, in alcuni punti, notevoli visuali panoramiche. Lambita, più in alto, la ben poco riconoscibile sommità del Monte Castellaro (la si guadagna staccandosi dal tracciato appena dopo un’apertura panoramica), si avanza in modo pressoché pianeggiante assecondando l’ampia dorsale, fino a raggiungere un bivio con indicazioni. Si continua diritto (n° 741, Via Longobarda), progredendo per un tratto in ripida salita su ampio percorso sassoso con stratificazioni del flysch, dirigendosi verso il crinale Baganza/Parma contraddistinto dalla boscosa cima del Monte Corno. Più in alto, si procede meno ripidamente in un cotesto caratterizzato ancora da rado e basso bosco, aggirando a sinistra una sezione del tracciato impercorribile in quanto invasa dal fango (l’effetto delle “scorribande” degli enduristi). Dopo un’altra salita piuttosto ripida in cui affiorano stratificazioni del flysch, si penetra nel bosco di conifere che ammanta quest’area del crinale Baganza/Parma, volgendo a destra procedendo in lieve discesa. Aggirata la cima del Monte Corno, si raggiunge un crocicchio in località Costalunga, dal quale si prosegue diritto assecondando il segnavia n° 741. Si avanza in lieve salita trascurando a destra un sentiero che sale verso la sommità del Monte Pozzo, iniziando in questo modo l’aggiramento della suddetta altura. Sconfinati in versante Parma, si tira diritto ad un incrocio, iniziando successivamente a perdere quota. Trascurato, in corrispondenza di una svolta a sinistra, un percorso per il Monte Pozzo, si abbandona poco sotto l’ampia traccia in cui ci troviamo, prendendo a destra (indicazioni) un sentiero. Dopo la prima ripida discesa, giunti in corrispondenza di una radura, si ignora a sinistra un altro percorso, rientrando presto nel bosco di conifere. Si avanza per un breve tratto in lieve salita, per poi riprendere a scendere e trascurare un sentiero che si stacca a destra. Alternando tratti in cui si perde quota piuttosto ripidamente su interessanti stratificazioni del flysch a bucoliche radure che si attraversando e costeggiano, si raggiunge infine il Valico di Fragno, 845 m. Dopo un’eventuale sosta, si continua lungo il percorso di crinale (n° 741; Via dei Longobardi) seguendo inizialmente una stradina asfaltata. Quando essa curva nettamente a sinistra, si prosegue diritto (indicazioni) perdendo quota per ampio tracciato in cui affiorano spettacolari stratificazioni del flysch. Avanzando per il panoramico percorso (consigliabile anche come semplice passeggiata pomeridiana), si transita nei pressi di un curioso poggetto roccioso, avvicinandosi progressivamente al Monte Vitello. Più o meno ai piedi di quest’ultimo, si tralascia a destra una carraia e, insistendo per il tracciato principale, si penetra in una fascia boscosa con conifere. Costeggiata una recinzione pressoché distrutta delimitante una proprietà privata con relativo cancello, si esce dalla copertura boscosa nell’ambito di belle radure. Il tracciato, impennandosi decisamente, volge a sinistra dirigendosi verso una boscosa costa e, raggiuntala, svolta a destra. Al sommo di una salita ripida e faticosa, si piega a sinistra (indicazioni) tralasciando un percorso che prosegue diritto, continuando il cammino verso il non lontano Valico di Monte Prandone. Dopo una carraia che si stacca a sinistra in discesa, una svolta a destra e un paletto/segnavia, si abbandona il tracciato n° 741, imboccando a destra una carraia che sale ripidamente. Si guadagna faticosamente quota in direzione nord-ovest, tagliando, mediante traccia erbosa, una svolta del percorso. Più in alto si giunge nei pressi di un capanno, oltre il quale si asseconda, progredendo in ripida salita, il crinale di un’erbosa costa. Al sommo dell’ascesa, ci si inoltra nel bosco per evidente sentiero, iniziando a perdere quota verso il Monte Vitello, il cui versante sud-occidentale è caratterizzato da particolari stratificazioni. Penetrati in un buio bosco di conifere, si sale per un tratto costeggiando una recinzione, fino a volgere a sinistra e riprendere a scendere. Il percorso vira più in basso a destra e procede perlopiù in quota in costante direzione nord-ovest, offrendo in alcuni punti belle visuali sul Monte Montagnana. In seguito, il tracciato si amplia e perde quota nell’ambito di radure con cespugli, rientrando più in basso nel bosco di conifere. Dopo una ripida discesa, si approda in un’ampia e panoramica insellatura situata sul crinale montuoso che divide la valle del Rio Moneglia da quella formata dal Rio Spigone. Al crocicchio che si presenta, si prosegue diritto avendo come direttiva l’ampia dorsale divisoria, trascurando a destra una traccia erbosa. Progredendo in lieve salita, prima su pendio erboso poi tra vegetazione varia e arbusti, si penetra nel bosco e si avanza a saliscendi per ottimo sentiero. Ad un bivio, si tralascia a destra un percorso per le MTB (e per gli escursionisti “bipedi”: ci mancherebbe altro che si diffondesse l’idiozia di vietare all’appassionato di trekking, presumibilmente animato da un ethos che si fonda sul rispetto dell’ambiente naturale, di percorrere tracciati riservati ad un’attività – le discese stile downhill – che niente ha da spartire con la nobiltà umana e spirituale dell’andare in montagna!), volgendo invece a sinistra e perdendo quota. Ammirando alcune stratificazioni del flysch e gustando la bellezza dell’ambiente boschivo che ci ospita, si ignora più in basso un percorso che si stacca a destra e un altro che si diparte a sinistra in corrispondenza di un tornante. Immessosi in una stradina asfaltata, la si segue a destra verso la vicina frazione di Canesano, transitando inizialmente nei pressi di un piccolo cimitero. Entrati nel suggestivo nucleo – 792 m –, s’imbocca a sinistra uno stradello in discesa e al primo bivio si continua a destra. Trascurato un percorso che scende ripido, si avanza per bella carraia con andamento in piano/live discesa, iniziando in questo modo l’attraversamento della conca che più in basso si restringe nella valle formata dal Rio Spigone. Costeggiando il margine di bucoliche e panoramiche radure, si transita nei pressi di una presa dell’acquedotto e si varcano un paio di corsi d’acqua. Appena dopo il secondo, si sale piuttosto ripidamente compiendo qualche svolta, trascurando, al sommo dell’ascesa, un percorso che si stacca a sinistra. Avanzando in piano/lieve discesa, si attraversa la valletta formata da un rio, ignorando un tracciato che sale verso il crinale Baganza/Parma. Ripresi a guadagnare quota per carraia alquanto devastata dal passaggio di mezzi di esbosco, giunti in corrispondenza di una svolta a sinistra, si stacca a destra lo stradello che conduce ai ruderi, collocati in splendida posizione, del casolare della Brugnara, 786 m. Dopo una meritata sosta, si continua lungo il percorso principale procedendo in lieve salita, trascurando a sinistra un tracciato diretto alla dorsale spartiacque. Si inizia appena dopo a scendere aggirando delle sezioni particolarmente fangose, fino ad un rio oltre il quale si presenta un bivio. Qui ha inizio un tratto del percorso implicante problemi di orientamento, che possiamo evitare continuando per il tracciato più evidente, il quale, dopo una salita, si innesta in una carraia proveniente dal crinale Baganza/Parma e diretta ad Albareto. Imboccata a destra una trascurata ma ampia traccia, si effettuando un paio di svolte, uscendo in seguito in radure con arbusti. Volgendo qui a sinistra, si attraversa un’area umida con acqua stagnate, varcando un ruscello. Rientrati nel bosco, il percorso si presenta più evidente, ma solo per un breve tratto: infatti, usciti in un’area orribilmente disboscata, il tracciato, dopo la primissima sezione in cui risulta tutto sommato evidente, svanisce, o meglio si ramifica in molteplici percorsi. L’autore della relazione, procedendo scomodamente tra cespugli e rovi, è giunto nei pressi di una specie di stagno e ha imboccato un’ampia traccia che è risultata essere quella giusta. Se abbiamo azzeccato la corretta continuazione del percorso principale, ci troveremo poco più avanti ad attraversare un solco devastato da frane, che precede un “muro” di sterpaglie e rami. Rientrati nell’autoctona copertura boscosa, si avanza in salita su carraia ben evidente e piacevole, varcando un piccolo corso d’acqua. Più in alto, si avanza a fianco di radure e, al bivio che si presenta, si può optare sia per il tracciato di sinistra, quanto per quello di destra. Dopo una salita abbastanza ripida e faticosa in cui si costeggiando prati e radure, ci si innesta in una carrareccia, situata su un panoramico crinale, che si segue a destra. Transitati nei pressi delle case del nucleo Il Ginepro, si entra poco dopo nella frazione di Albareto caratterizzata da belle case in sasso ottimamente ristrutturate rispettando l’assetto originario. Scesi per stradina asfaltata al sottostante incrocio (proseguendo diritto si raggiungerebbe il borgo di Vigolone, meritevole di una visita), s’imbocca a destra un poco “accogliente” sentiero, molto invaso dalla vegetazione, perciò scarsamente riconoscibile. Si asseconda la traccia procedendo tra rovi che rendono il cammino certamente non piacevole, fino ad un punto in cui occorre aggirare, tenendosi lungo il margine dei campi alla nostra destra, una sezione in cui il percorso risulta totalmente ostruito da rami e vegetazione varia. Ripreso appena possibile il tracciato principale, si avanza in lieve discesa in modo più confortevole rispetto alla parte precedente. Usciti dal bosco, si sottopassa una linea elettrica, notando alla nostra sinistra un vecchio muretto a secco rivelativo della storicità del percorso che a fatica stiamo seguendo. Rientrati nella copertura boscosa, si prosegue per sentiero evidente e ben incavato, ma purtroppo ancora molto invaso dall’autoctona vegetazione. Trascurato, in corrispondenza di un mucchio di sassi, un più ampio tracciato che si stacca a sinistra, si insiste per quello principale che poco più avanti, fuori dal bosco, costeggia il margine di panoramiche radure. Assecondando una sorta di crinale, si volge ad un certo punto bruscamente a sinistra sottopassando una linea elettrica, forse quella incontrata in precedenza. Rientrati nel bosco, si perde ripidamente quota in un singolo tratto, per poi procedere in lieve discesa. Nel momento in cui il percorso si amplia, si trascura una poco stimolante pista che scende verso il fondovalle Spigone, proseguendo invece diritto su ampia traccia invasa dalla vegetazione. Innestatosi in una carraia che sostituisce una storica mulattiera, la si asseconda a destra in discesa, procedendo nell’ambito di un’area disboscata. Si segue lungamente questo percorso avanzando costantemente a mezza costa, trascurando tracce che si staccano a sinistra e ammirando, nella prima parte, belle visuali sulle stratificazioni che caratterizzano l’altro lato della valle. Immessosi nella strada asfaltata per Vigolone in corrispondenza di un suo tornante, la seguiamo per un tratto in direzione di Calestano, notando a destra l’imbocco di una carraia e, appena dopo, nella stessa direzione, lo stradello d’accesso a Casa Spigona (proprietà privata). Proprio in corrispondenza del bivio con il menzionato stradello in cui sono posti i contenitori della raccolta differenziata, ci si cala a destra per ripida scarpata all’interno del bosco onde recuperare un vecchio e poco riconoscibile percorso. Messo piede sul labile sentiero, lo si segue in direzione nord, fino a compiere un tornante destrorso in corrispondenza del quale il tracciato si amplia a mulattiera. Assecondandola, si raggiunge poco più avanti la pista di una palificazione elettrica, oltre la quale si effettua un tornante sinistrorso. Rimesso piede nell’orripilante pista, o si scende ripidamente per essa, oppure si asseconda a destra un altro segmento del vecchio tracciato. Più in basso s’imbocca a sinistra la continuazione della storica mulattiera che, presentandosi ben evidente, effettua poco dopo, in corrispondenza di un masso isolato con sentiero che prosegue diritto, un tornante destrorso. Il tracciato, molto interessante e in ambiente di grande fascino, riporta inevitabilmente nella pista della palificazione, che ora assume le fattezze di una carraia. Al primo bivio, si scende a destra per ripida e disagevole traccia, raggiungendo in questo modo il letto del Rio Spigone. Seguendo una carrareccia, si procede in piano parallelamente al corso d’acqua, notando, nell’altro lato della valle, i ruderi di una stazione termale. Volendo visitare quest’area, s’imbocca a destra un sentiero e, mediante rudimentale passerella, si varca il Rio Spigone. Messo piede nell’altra sponda, si abbandona la traccia che inizia a salire e, verso sinistra, si oltrepassa un piccolo ruscello. Facendosi largo tra vegetazione invadente, si raggiungono i tristi ma allo stesso tempo suggestivi ruderi della stazione termale. Ripreso il percorso di prima, si continua a procedere a fianco del corso d’acqua, ammirando, in corrispondenza di una svolta a sinistra, i particolari dirupi che caratterizzano l’altra sponda della valle. Si entra poi in una non fitta copertura boscosa, oltrepassando un cancello e incontrando un bivio con un percorso franato che originariamente attraversava il Rio Spigone. Avanzando in salita, si raggiunge una pianeggiante area arbustiva e, al bivio che si presenta, si continua per il tracciato di destra, dirigendosi verso una casa diroccata. Poco prima di quest’ultima, si incontra un ulteriore bivio, dal quale si può prendere indifferentemente sia il sentiero di destra quanto la carraia di sinistra: infatti, i due percorsi si ricongiungono nei pressi della menzionata costruzione. Messo piede nella SP 15, la si asseconda a destra attraversando il ponte sul Rio Spigone e imboccando poco più avanti Via Papa Giovanni XIII. Entrati in Calestano, si visita tutto il suggestivo borgo di origine medievale e, raggiunta la Chiesa di San Lorenzo, si ritorna al parcheggio da cui siamo partiti. 

Via del 92° Congresso al Monte Baone, Sentiero Attrezzato degli Scaloni e Ferrata dei Colodri

Punto di partenza/arrivo: Arco 91 m (frazione Vigne)

Dislivello: 1200 m ca.

Durata complessiva: 7,35 h

Tempi parziali: Vigne-Monte Baone (1,30 h) ; Monte Baone-Dos del Clef (1,10 h) ; Dos del Clef-ponte romano di Ceniga (1,45 h) ; ponte romano di Ceniga-Croce dei Colodri (1,40 h) ; Croce dei Colodri-Vigne (1,30 h) 

Difficoltà: PD la Via del 92° Congresso; EEA (facile, A) il Sentiero Attrezzato degli Scaloni; EEA (poco difficile, A/B) la Via Ferrata dei Colodri; E/E+ la restante parte dell’itinerario

Attrezzatura: ordinaria d’arrampicata per la Via del 92° Congresso; dotazione da ferrata per la discesa lungo il percorso attrezzato dei Colodri

Ultima verifica: aprile 2022

Accesso stradale: dall’uscita Rovereto Sud/Lago di Garda Nord dell’A22, si segue la SS240 in direzione di Riva del Garda, valicando il Passo di San Giovanni ed entrando nel paese di Nago. Da qui si continua a destra lungo la SS 240dir verso Arco e raggiuntone il centro si prosegue in direzione di Riva del Garda. Imboccata a destra Via Cesare Battisti, si continua poi per Via Capitelli transitando nei pressi dell’Ospedale di Arco. Presa a destra Via della Fossa, si abbandona l’auto nell’ampio parcheggio adiacente ai capi sportivi di Vigne

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Descrizione dell’itinerario

Lungo, composito e impegnativo giro, implicante un’ascesa di stampo alpinistico e due discese su percorsi attrezzati facili. La Via del 92° Congresso presenta interessanti passaggi d’arrampicata di II° e III° (con un passo di III°+), e la possibilità in un tratto di raddrizzare l’ascesa utilizzando una variante che impone difficoltà leggermente superiori rispetto a quelle del percorso tradizionale. Il Sentiero Attrezzato degli Scaloni è molto agevole e di grande interesse storico, mentre la Ferrata dei Colodri, pur essendo tecnicamente facile, richiede attenzione. La combinazione proposta, sia per la varietà di situazioni e scenari di cui si compone, quanto per la bellezza dell’ambiente in cui si svolge, ha pochi eguali in ambito prealpino.

Dal parcheggio nei pressi dei campi sportivi di Vigne, seguendo verso destra Via Giuseppe Verdi, si raggiunge la piazzetta adiacente alla chiesa al centro della frazione, continuando poi per Via del Consiglio. Usciti dall’abitato, si avanza per viottolo affiancato da oliveti, proseguendo diritto/destra al bivio che si incontra poco più avanti. Dopo una salita piuttosto ripida per stradello cementato, si raggiunge il Capitel de la Regola e, al bivio che si incontra, si continua a sinistra avanzando per bellissimo viottolo a fianco di olivi. Giunti sotto le spettacolari placche del Baone, interessate da numerose vie d’arrampicata, si prosegue lungo il percorso di destra procedendo a fianco di altri olivi, dirigendosi verso un evidente sperone roccioso che a breve risaliremo. Transitati nei pressi di una casa, prima che lo stradello incominci a scendere, un’indicazione a sinistra segna il punto di inizio della Via del 92° Congresso. Avendo come direttrice la cresta del citato sperone, si sale dapprima per traccia e roccette (segnavia bianco-rossi), fino ad una freccia che indica di abbandonare il sentiero e scalare le facili rocce alla nostra destra. Assecondando il filo dell’ampio costone, ci si arrampica per agevoli gradoni (I°) inframmezzati da una placchetta leggermente più impegnativa (II°). Progressivamente il pendio scema di pendenza, assumendo le fattezze di un’ampia dorsale formata da lastre rocciose interessate da fenomeni carsici. Oltrepassata una particolare fenditura, si guadagna la sommità dello sperone da cui si ammira un notevole colpo d’occhio sul Lago di Garda. Dopo una breve discesa, si entra in una piccola macchia boscosa e, volgendo a destra, si effettua un agevole traverso (I°). Assecondando poi un’area cengia ascendente (I°+/II°-), si arriva alla base di un bel risalto che il percorso alpinistico supera direttamente. Dopo la prima placca, che si scala tenendosi un po’ a sinistra, si agguanta una stupenda fessura (roccia piuttosto lisciata) che permette di superare abbastanza agevolmente la soprastante sezione della balza (II°+/III°). Rinvenendo un cordino su clessidra al sommo del risalto, si entra subito in una macchia boscosa e, attraversatala verso destra, si raggiunge un terrazzino dominato da un muro strapiombante con cordini che penzolano. Superato direttamente il breve strapiombo (roccia molto lisciata; III°+ senza utilizzare i cordini), il percorso originale si sposta a sinistra in direzione di alcuni alberi, per poi risalire verso destra belle e facili placche. L’autore della relazione ha optato per una variante più impegnativa e alpinistica, ma allo stesso tempo molto logica, divertente e su roccia favolosa. Scalato lo strapiombo, si effettua subito un breve ed esposto traverso a destra (bolli rossi) e verso sinistra si scalano muretti e placchette a fianco di alcuni alberi (passi di II°+/III°-). Poco più in alto, si supera con bella e soddisfacente arrampicata una parete verticale che offre ottimi ma distanziati appigli e appoggi (III°+). Infine, scalata una più facile placca (II°+), si esce dalla variante alla base di un caratteristico spuntone. Anche in questo caso si presentano due possibilità: aggirare il pilastro a sinistra (segnavia); effettuare un esposto traversino a destra alla base dello spuntone e, doppiato lo spigolo che segna la sua terminazione destra, scalare un caminetto (I°+) che adduce ad un forcellino. Valicatolo, si scende nel sottostante canale in cui si rinviene una cassetta metallica contenente il libro delle firme della Via Edera. Reinseritosi nel percorso tradizionale appena dopo aver attraversato uno spuntone, si superano facili rocce e si cammina su blocchi calcarei. Attraversate lastre rocciose e una macchia boscosa, si raggiunge la base di una parete con strapiombo che costituisce l’ultimo, rilevante ostacolo del percorso alpinistico. Si effettua inizialmente un esposto traverso progressivamente più scosceso e su roccia decisamente lisciata (chiodo; III°). Successivamente, messo piede su un arioso terrazzino, si scala il soprastante, breve diedro con divertente arrampicata (II°). Volgendo poi a destra, si arriva alla base di un altro risalto e lo si affronta superando subito, con un bel passaggio d’arrampicata, un muretto verticale (II°+). Poi, mediante ascesa in obliquo su placche (I° e II°), si esce da questa sezione e si avanza camminando su spettacolari blocchi calcarei. Prestando attenzione ai segnavia, si attraversano macchie di vegetazione alternate a brevi balze rocciose che oppongono facili passaggi d’arrampicata. Incontrata più in alto un’indicazione, ci si innesta in un percorso segnato con dei bolli rossi e verso destra si conquista la panoramica cima del Monte Baone, 479 m, in cui si trova uno stilizzato crocifisso. Dalla sommità, si continua in direzione nord per ottimo sentiero a saliscendi, attraversando macchie boscose dalle caratteristiche mediterranee. Costeggiata per un buon tratto una recinzione, si sale lievemente svoltando a sinistra, riprendendo subito dopo la direzione di prima. Trascurato ad un primo bivio (indicazioni) un percorso che conduce a Padaro, si raggiunge un secondo bivio in località Bocchetta di Padaro (indicazioni), da cui si continua a destra in discesa per pochi metri. Imboccato a sinistra il segnavia n° 408, si riprende a guadagnare quota volgendo a destra, innestandosi poco più in alto in un altro percorso. Lo si asseconda a destra sottopassando inizialmente una linea dell’alta tensione, faticando discretamente nel prosieguo a causa della pendenza sostenuta. Superate delle roccette scalinate, si svolta a sinistra percorrendo una bella cengia, piegando successivamente a destra. Si guadagna quota tra rocce calcaree, raggiungendo più in alto una dorsale che precipita con verticali pareti e che regala notevoli visuali panoramiche. Scartato una sorta di dosso, si abbandona il crinale volgendo a sinistra, approdando in un ripiano caratterizzato da grandi massi e delimitato da una parete strapiombante. Dopo una discesa, ci si innesta in una mulattiera, delimitata da muretti a secco, che si asseconda a destra. Si avanza in lieve salita in modo molto lineare, costeggiando più avanti un ripiano prativo ed inserendosi poco dopo in una strada asfaltata in località Mandrea. Trascurato a sinistra il percorso n° 407, si asseconda lo stradello transitando a fianco della Baita del Meneghel, abbandonando l’asfalto in corrispondenza di una svolta a destra. Imboccata una carraia, giunti in corrispondenza di una casa, si prosegue per il tracciato di sinistra che, salendo all’interno del bosco, svolta a destra. Dopo un tratto in piano/lieve salita, ci si innesta in un altro percorso in corrispondenza di un notevole punto panoramico. Si asseconda il tracciato a destra, reinserendosi poco più in basso nella stradina abbandonata in precedenza nei pressi del Doss del Clef, 769 m (a destra un sentiero conduce in breve alla cima di quest’ultimo da cui si ammira un vasto panorama). Si segue la carrozzabile procedendo in piano/lieve salita, abbandonandola più avanti per carraia che si stacca a destra (n° 428, Sentiero degli Scaloni – Ceniga). Si asseconda la forestale per poco, continuando poi a destra per sentiero che volge subito verso sud. L’ottimo tracciato perde quota effettuando nella prima parte alcuni tornanti, assumendo più in basso la direzione nord-est e mantenendosi costantemente in essa. Procedendo perlopiù in lieve discesa tra rado bosco, si effettua in seguito un tornante destrorso, fino a reinserirsi nella forestale dell’Anglone. La si asseconda a destra per poco, abbandonandola per sentiero a sinistra (n° 429), il quale, dopo un breve tratto in salita, procede in modo pianeggiante. Innestatosi nella strada forestale di prima, la si segue a destra con andamento in piano/lieve salita, uscendo da essa in corrispondenza di un mucchio di sassi con paletto. Imboccato un sentiero a sinistra, si avanza nel primo tratto parallelamente alla carraia appena lasciata, fino a raggiungere la località Dos Tondo, 507 m. Trascutato a sinistra il segnavia n° 428B, si prosegue in direzione sud-est e, dopo una discesa, si arriva sul bordo di un precipizio in cui si trova una vecchia teleferica (Cavra de Lizon) utilizzata per il trasporto del legnane a valle. Qui si volge a destra per il Sentiero degli Scaloni che poco più avanti (cassetta contenete il libro delle firme) diventa attrezzato.  

A (facile) – B (media difficoltà) – C (difficile) – D (molto difficile) – E (estremamente difficile)

Si percorre inizialmente una cengia e, dopo facili roccette (A), nel momento in cui termina il cavo, alcuni scalini intagliati nella roccia aiutano a discendere una placchetta. Si volge successivamente a sinistra (faccia a valle) assecondando una spettacolare cengia (A), per poi sfruttare altri gradini scavati nella nuda roccia (A). Dopo alcune roccette, si prosegue per sentiero progressivamente più ripido, discendendo più in basso una rampa scalinata. Riprese in seguito le attrezzature, ci si cala per caratteristica rampa e volgendo a sinistra si percorre una bella cengia (A) che poi si trasforma in ulteriore rampa. Poco dopo inizia il tratto più caratteristico del percorso attrezzato, il cui tracciato originale risale ad inizio ‘900 e fu realizzato per opera degli austriaci. Ci si cala per bellissima rampa perfettamente gradinata dai già incontrati scalini intagliati (A/A+), sfruttando più in basso una caratteristica scaletta/passerella di legno. Svoltati a destra (faccia a valle), si discendono altri gradini e, utilizzando una seconda scala/rampa di legno, si “bypassa” agevolmente una verticale parete rocciosa. Dopo gli ennesimi gradini intagliati e un muretto agevolato da una staffa (A), si raggiunge il termine (nel senso di discesa) del tratto più rilevante del Sentiero Attrezzato degli Scaloni. Si prosegue per ottima traccia che, volgendo subito a sinistra, transita sotto a dei caratteristici strapiombi con madonnina. Riprese le attrezzature, dopo un iniziale zig-zag, si percorre una suggestiva cengia oltrepassando un’interruzione mediante passerella di ferro. Successivamente si volge a destra (faccia a valle) e discesi alcuni facili gradoni (A) si esce dal percorso attrezzato. Si continua a perdere quota per sentiero a tornanti all’interno del bosco, fino ad uscirne e discendere in obliquo dei ghiaioni. Innestatosi in uno stradello nei pressi di un vigneto, lo si asseconda a destra inserendosi poco più in basso in un altro tracciato cementato. Lo si percorre in discesa fino a confluire in una stradina asfaltata a poca distanza dal Maso Lizzone. Si asseconda lo stradello a destra costeggiando dei vigneti e, appena prima del ponte romano di Ceniga, s’imbocca a destra il percorso n° 431 per il Monte Colt. Salendo inizialmente per stradello cementato tra terrazzamenti con olivi, si prende più in alto a destra un sentiero, il quale si immette quasi subito in una carraia. Il tracciato avanza dapprima in moderata pendenza volgendo in direzione sud-ovest, procedendo poi in modo pianeggiate a fianco di vigneti. Dopo un bivio in cui si innesta da destra un altro percorso, giunti in località Naroncolo, 193 m, s’imbocca a sinistra un sentiero che costituisce la continuazione del segnavia n° 431. Si guadagna quota effettuando inizialmente svolte e tornanti, assecondando più in alto una specie di cengia/rampa. Il tracciato avanza in seguito meno ripidamente attraversando delle lastre rocciose, conducendo, dopo un tratto pianeggiante, in una pietraia. Oltre quest’ultima, si riprende a salire in modo piuttosto erto e, giunti nei pressi di alcune placche, si piega a destra. Guadagnato il sommo della fascia rocciosa mediante tornante sinistrorso, si procede più avanti tra blocchi calcarei e, valicata una dorsale, si scende per poco raggiungendo un bel ripiano delimitato da lisce placche. Dopo un tratto in cui si avanza verso nord/nord-est con andamento anche in lieve discesa a fianco di una fascia rocciosa costituita da lastre, si attraversano in obliquo queste ultime (segnavia; passaggio piuttosto delicato), dirigendosi verso la vicina Croce di Ceniga, 390 m. Da qui si prosegue per il sentiero segnato che ha come direttrice la dorsale del Monte Colt, procedendo in questa prima sezione in lieve salita. Ad un certo punto occorre volgere a sinistra e scendere brevemente su roccette, proseguendo poi all’interno di una specie di avvallamento. Dopo un tratto in piano/lieve salita, si riprende a guadagnare più marcatamente quota, fino a raggiungere la rocciosa dorsale in corrispondenza della piccola croce del Monte Colt, 430 m (in realtà la sommità principale è spostata più a sinistra e la si conquista percorrendo un magnifico crinale roccioso al sommo di lisce placche). Dopo l’eventuale digressione al punto più elevato, si riprende il percorso segnato procedendo perlopiù in discesa, tenendosi nelle vicinanze della dorsale montuosa e valicandola. Innestatosi più in basso in un altro tracciato, si avanza all’interno di un bosco di conifere e al bivio che si presenta successivamente si continua a sinistra lungo la continuazione del segnavia n° 431. Dopo la prima breve salita, si procede in modo pianeggiante costeggiando un muretto a secco, raggiungendo poco più avanti il bordo di un precipizio. Il tracciato perde successivamente quota fino a costeggiare una proprietà e condurre nei pressi di una casa, innestandosi qui nella carraia d’accesso. Imboccata a sinistra la continuazione del percorso n° 431, si svolta subito a destra assecondando la spettacolare dorsale in direzione dei Colodri (sulle sue celebri pareti sono state tracciate classicissime e impegnative vie d’arrampicata). Dopo un tratto in piano a destra del crinale, si riprende a salire fino a raggiungere un traliccio elettrico ai piedi di un verticale spigolo che segna la terminazione settentrionale della parete dei Colodri. Costeggiate delle rocce nel versante ovest della montagna, si inizia una ripida ascesa a tornanti sfruttando degli scalini all’interno di una sorta di canale/avvallamento. Superato un facile tratto di ferrata (funi e staffe), si riprende la dorsale dei Colodri e si avanza nei pressi del bordo della verticale parete est. Attraversata una macchia boscosa, si inizia a perdere quota su rocce calcaree e pendii ghiaiosi, proseguendo a sinistra al bivio che si incontra. Procedendo comodamente per l’ottimo sentiero e risalite verso destra delle roccette, si raggiunge la Croce dei Colodri, 400 m. Dopo un’eventuale sosta, si prosegue per il percorso segnato che scende tra spettacolari fenomeni di carsismo, fino a condurre in un’area caratterizzata da lastre rocciose, anch’esse con fenomeni carsici, dove a sinistra si rinviene l’arrivo della Ferrata dei Colodri. Il suddetto percorso attrezzato, pur essendo complessivamente facile, richiede attenzione, non solo per il fatto che lo si percorre in discesa, il che rende i movimenti meno naturali rispetto all’ascesa, ma soprattutto per l’estrema levigatezza degli appoggi come conseguenza delle innumerevoli ripetizioni. Dopo l’iniziale rampa/fessura, ci si cala per verticale diedro sfruttando le staffe presenti (A/B; B), notando, al termine del passaggio, una caratteristica scultura. Si prosegue per bella fessura obliqua particolarmente lisciata (A/B) e, dopo qualche facile roccia, si volge a sinistra (faccia a valle). Si attraversa, anche in modo discendente, una placca, per poi calarsi su breve diedrino servito da staffe metalliche (A/A+). Il percorso continua, come prima, con andamento in obliquo, discendendo placche inframmezzate da fessure (A/B; B), su roccia solida ma fastidiosamente levigata (sono presenti anche delle staffe). Attraversata più in basso una placchetta e una rientranza, si prosegue tra ghiaie e roccette, discendendo in seguito un risalto piuttosto ripido ma facilitato da una staffa (A/B). Si prosegue facilmente a zig-zag, percorrendo più in basso una cengia piuttosto aerea e assecondando una sorta di rampa (A/A+). Disceso un saltino piuttosto ripido, si raggiunge il termine – in realtà il punto di attacco – della ferrata. Seguendo un evidente sentiero che transita a fianco di grandi massi calcarei, ci si innesta in Via dei Legionari Cecoslovacchi nei pressi della Piscina Comunale di Arco. Per ritornare a Vigne, si attraversa interamente il centro della località, fino ad inserirsi in Via dei Capitelli. 

Anello della Val Tarodine

Punto di partenza/arrivo: Borgo Val di Taro 411 m

Dislivello: 850 m ca.

Durata complessiva: 5,40 h

Tempi parziali: cimitero di Borgo Val di Taro-San Vincenzo (50 min) ; San Vincenzo-Passo del Borgallo (1,20 h) ; Passo del Borgallo-Passo del Brattello (1 h) ; Passo del Brattello-Case Vighini (1,10 h) ; Case Vighini-cimitero di Borgo Val di Taro (1,20 h)

Difficoltà: E

Attrezzatura: ordinaria da escursionismo

Ultima verifica: marzo 2022

Accesso stradale: Parma-Fornovo-Borgo Val di Taro. Dalla rotatoria della SP 532R si imbocca a sinistra Via De Gasperi e alla successiva rotonda si prosegue a destra per Via del Cimitero. Si parcheggia l’auto nei pressi di quest’ultimo

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Descrizione dell’itinerario 

Lunga ed esaustiva escursione alla scoperta di una valle ricca di fascino e importanza a livello storico. Per raggiungere il Passo del Borgallo, si risale la sponda sinistra orografica della Val Tarodine assecondando la Via degli Abati, storico percorso di pellegrinaggio che da Pavia conduce a Pontremoli inserendosi qui nella Via Francigena. Attraversata la sezione di crinale che separa il Passo del Borgallo dal Passo del Brattello, occorre guadagnare la dorsale del Molinatico lungo un tracciato ripido e faticoso in un contesto ambientale molto deturpato da devastanti interventi umani. Raggiunto il particolare nucleo di Vighini, si scende prima per strada asfaltata, poi per vecchia mulattiera all’interno di uno splendido castagneto. 

Dal punto di partenza si imbocca a destra una stradina (indicazione della Via degli Abati, n° 843) costeggiando inizialmente il muro che delimita il camposanto. Dopo una ripida salita su carraia cementata, si avanza in modo pressoché pianeggiante penetrando in una fascia boscosa. Superato un altro ripido strappo a fianco di una proprietà, si procede in lieve discesa contornando dei prati con abitazioni, ammirando belle visuali sulla Val Tarodine. Costeggiata una villetta, si attraversa una seconda fascia boscosa procedendo pressoché in piano, riprendendo successivamente a salire lungo margine di una bella radura (indicazione della Via degli Abati). Dopo una breve discesa, si penetra in una terza fascia di rado bosco varcando un corso d’acqua, uscendo poi in aperti prati e campi. Si attraversano questi ultimi transitando a fianco di una costruzione diroccata, ammirando agreste visuali in un contesto ambientale di carattere ancora collinare. Rientrati nel bosco, un tratto ancora integro della vecchia mulattiera, percorsa un tempo dai pellegrini irlandesi diretti a Bobbio e quindi a Pontremoli, permette di gustare l’inebriante sensazione che si prova nel camminare su antichi tracciati come quello in cui ci troviamo. Usciti poco più avanti dalla fascia boscosa, si avanza nell’ambito di altre radure in cui si trascura un percorso che si stacca a destra, innestandosi in seguito in uno stradello asfaltato in corrispondenza di una villetta. Si insiste per il percorso principale che ritornando ad essere carraia procede in piano e in lieve discesa all’interno del bosco. Trascurando tracce laterali, ci si avvicina alla frazione di Castellazzi, in corrispondenza della quale lo sterrato lascia il posto all’asfalto. Si asseconda lo stradello procedendo in un tratto in lieve discesa, attraversando più avanti il nucleo di Valleto. Oltre quest’ultimo, in corrispondenza di un cartello stradale, si imbocca a destra un’ampia traccia che costituisce la continuazione del segnavia n° 843/VA. Si procede per bella mulattiera riprendendo a salire, ammirando in un tratto l’affiorante selciato originale, chiara testimonianza dell’antichità del tracciato. Costeggiata una casa, si esce in una strada asfaltata e, attraversatala, si continua per lo storico percorso varcando un fosso. Dopo una salita finale piuttosto ripida, si raggiunge la Chiesa di San Vincenzo, 640 m, innestandosi qui nella carrozzabile di prima. Si continua per essa trascurando a destra lo stradello d’accesso a Rovinaglia, proseguendo verso le frazioni di La Costa e Case Becci. Entrati nel suggestivo borgo di San Vincenzo, 655 m, lo si attraversa e prima di uscirne si imbocca a sinistra (indicazioni) un percorso che scende verso il fondo della Val Tarodine. Si asseconda inizialmente un’ampia traccia per poi continuare su sentiero all’interno del bosco. Costeggiando dei prati e notando gli interessanti muretti a secco che delimitano il vecchio percorso, ci si innesta poco più in basso in un più ampio tracciato piuttosto invaso dalla vegetazione nonché dissestato. Giunti poco sopra il Torrente Tarodine, ci si immette in uno sterrato che seguito a sinistra conduce nella SP 20 appena prima del ponte che attraversa il corso d’acqua. Si asseconda la provinciale per alcuni minuti in direzione del Passo del Bratello, abbondonandola appena prima del cartello stradale indicante l’inizio della località Valdena. Imboccato uno stradello a destra, si raggiunge e attraversa la bella frazione di La Galla, prendendo il percorso di sinistra al bivio che si incontra in corrispondenza di una casa diroccata. Si prosegue per vecchia mulattiera delimitata dai classici muretti a secco, guadagnando quota in moderata pendenza in direzione del nucleo di Valdena. Entrati nella suggestiva frazione, la si attraversa interamente e in corrispondenza della Chiesa di Santa Maria Assunta ci si innesta in una carrozzabile. La si segue a sinistra per pochi metri e al primo bivio si imbocca a destra (indicazioni) uno stradello asfaltato che conduce al cimitero di Valdena. Giunti nei pressi del camposanto, si prosegue a sinistra per carraia (Via degli Abati, n° 843), iniziando in questo modo la seconda parte dell’ascesa al Passo del Borgallo che si svolge in un contesto decisamente più montano rispetto alla sezione precedente dalle caratteristiche ancora collinari. Si avanza dapprima in lieve pendenza, poi in più ripida salita immersi in un ambiente boschivo di grande interesse, superando agevolmente una piccola sezione in cui il l’ampia traccia risulta franata. Dopo un tratto in cui si guadagna quota piuttosto ripidamente compiendo alcuni tornanti, si valica una dorsale boscosa e, scesi per pochi metri, si giunge nei pressi di un rio. Varcatolo, si avanza in lieve salita per poi procedere in modo pianeggiante e in lieve discesa verso sud-ovest. Notando dei resti murari, ci si avvicina progressivamente ad un’orripilante carraia di esbosco, triste testimonianza di un intollerabile atteggiamento aggressivo e irrispettoso della preziosità dell’ambiente montano. Ad un certo punto, anziché scendere nell’orribile, fangoso tracciato, si segue un sentierino orientandosi con delle bandierine che fungono da segnavia. Attraversato un bel ripiano boscoso (notevoli esemplari di castagno), si raggiunge un bivio (indicazioni) in località Vaccareccia, 880 m. La terrificante carraia d’esbosco prosegue a destra, noi invece continuiamo per il percorso di sinistra mantenendo lo stesso segnavia di prima (n° 843 VA). Si guadagna quota per ampia traccia transitando inizialmente a fianco di alcuni resti murari, costeggiando successivamente delle conifere. Penetrati in una bella ma non autoctona pineta, si volge a sinistra e, in corrispondenza di una sorta di ripiano con bivio, si prosegue diritto/destra (segnavia). Attraversato un altro ripiano, si perde qualche metro di quota all’interno di un avvallamento, per poi riprendere a salire in moderata pendenza. Più in alto si oltrepassa l’ormai “consueta” (a livello appenninico) area soggetta ad operazioni di esbosco, rientrando poi – con grande piacere – nella copertura boscosa in cui l’autoctona vegetazione riprende terreno rispetto al rimboschimento di prima. Continuando per il piacevole percorso, ci si innesta più in alto in un’ampia mulattiera che seguita a sinistra conduce in breve al Passo del Borgallo, 1013 m. Dall’importante valico situato lungo il crinale emiliano/toscano, si prosegue alla volta del Passo del Brattello, procedendo per comoda carraia contrassegnata 00/E1. Si avanza perlopiù in lieve salita spesso all’interno di un bosco di abeti, incontrando diverse tabelle esplicative dedicate alle peculiarità naturalistiche della zona. Aggirando in versante Taro il Monte Cucco e trascurando diversi percorsi laterali, ci si innesta molto più avanti in una carrareccia che si asseconda a sinistra. Si continua lungamente per questo tracciato con andamento perlopiù in lieve discesa, inserendosi, prima del Passo del Brattello, nella pista del metanodotto. Raggiunto il valico a quota 953 m, si attraversa la SP 20 e si prosegue verso il Monte Molinatico salendo inizialmente per ripida stradina asfaltata (00). Il tracciato diviene in seguito sterrato e procede nella sponda destra orografica della valletta formata dal Torrente Arzola. Effettuando alcune svolte (in corrispondenza di una curva a destra si trascura a sinistra una carraia) e salendo spesso in modo sostenuto nell’ambito di una poco stimolante area di rado bosco, ci si innesta più in alto nell’orripilante pista del metanodotto. Si asseconda per un tratto il devastante tracciato tenendosi nel suo margine destro, notando che l’area disboscata in cui ci troviamo sta per essere ricolonizzata probabilmente da faggi. Recuperato poco più in alto il vecchio percorso, lo si segue verso il vicino crinale spartiacque, che si guadagna in un punto situato ad est rispetto il Monte Croce di Ferro. Assecondando per poco la dorsale verso il Monte Molinatico, si raggiunge il bivio con il percorso n° 833C che scende in direzione di Case Vighen (Vighini). Lo si imbocca perdendo lentamente quota in un contesto boschivo caratterizzato da interessanti esemplari di faggio, raggiungendo più in basso lo splendido ripiano prativo denominato Il Poggio, 1011 m. Qui il tracciato volge nettamente a sinistra e procede all’interno di un ambiente boschivo costituito ancora da faggi, ma con il progressivo prendere il sopravvento della vegetazione formata da alberi di castagno, alcuni dei quali di notevole interesse. Il percorso effettua più avanti un tornante destrorso (si trascura a sinistra una carraia) per poi perdere quota all’interno di un castagneto tra i più suggestivi. Entrati nel nucleo di Case Vighen, lo si attraversa interamente ammirando i particolari fienili in legno adiacenti alle abitazioni, alcune delle quali ottimamente ristrutturate rispettando l’assetto originario. Usciti dalla piccola frazione, si prosegue lungo lo stradello d’accesso costeggiando inizialmente splendidi prati impreziositi da castagni secolari. Trascurata a destra una carraia (Sentiero dei Castagni), si continua per la carrozzabile svoltando a sinistra, ignorando ad un bivio uno stradello che si stacca a destra (n° 833). Attraversata una valletta e compiuto un tornante sinistrorso, si abbandona la strada imboccando a destra una mulattiera (n° 833) che si inoltra nel bosco di castagni. Si perde quota, a volte ripidamente, per tracciato spesso dissestato, fino a giungere nei pressi di un rio. Qui si abbandona l’ampia traccia e si prende a sinistra (segnavia) un altro percorso che scende parallelamente al menzionato corso d’acqua. Ammirando splendidi esemplari di castagno, si transita poco più in basso a fianco dei resti murari di un vecchio essiccatoio, preziosa testimonianza di un passato agreste e di un’economia incentrata principalmente sui prodotti locali perfettamente in simbiosi con l’ambiente naturale. Si continua lungamente per l’interessante tracciato senza possibilità di errore, varcando diversi rii e alternando ripide discese a tratti in cui si avanza in lieve salita. Sbucati nella strada asfaltata lasciata in precedenza, la si asseconda a destra per un breve tratto, abbandonandola in corrispondenza di una svolta. Imboccato dei due percorsi che si presentato quello di sinistra (segnavia), si taglia un tornante della carrozzabile e, attraversatala, si scende all’interno di un bosco di conifere. Oltrepassata nuovamente la strada, si perde quota per sentiero che rimanendo nella vegetazione costeggia campi e radure, inserendosi poco più avanti, per la terza volta, nello stradello diretto a Case Vighini. Lo si asseconda a sinistra verso la vicina frazione di Grifola, al termine della quale si imbocca a destra una carraia delimitata da muretti a secco. Si scende contornando inizialmente dei campi e in corrispondenza di una linea elettrica si volge nettamente a destra. Transitati a fianco di una casa disabitata, si scende ripidamente per stradello cementato, fino a volgere a sinistra e bypassare la ferrovia. Purtroppo, la parte finale dell’escursione risulta poco interessante in quanto obbliga a percorre un tratto della trafficata SP 20 in direzione del non lontano (per fortuna) paese di Borgo Val di Taro. Entrati in esso, si attraversa inizialmente il ponte sul Tarodine, continuando poi per Via Malta. Inseritosi in Via del Cimitero, la si segue a sinistra procedendo in lieve salita, ritornando in questo modo al punto di partenza. 

Monte Pizzocolo: Cresta Sud-Est

Punto di partenza/arrivo: Sanico 339 m; Ortello di Sotto 695 m

Dislivello: 1250 m ca. ; 890 m ca.

Durata complessiva: 4,20 h/5,30 h

Tempi parziali: Ortello di Sotto-inizio Cresta Sud-Est Monte Pizzocolo (50 min.) ; inizio Cresta Sud-Est Monte Pizzocolo-sommità Monte Pizzocolo (2 h) ; sommità Monte Pizzocolo-Malga Valle (30 min.) ; Malga Valle-Ortello di Sotto (1 h)

Difficoltà: F+ la cresta sud-est del Monte Pizzocolo; E la restante parte dell’itinerario

Attrezzatura: ordinaria da escursionismo

Ultima verifica: marzo 2022

Accesso stradale: Toscolano Maderno dista circa 45 km da Brescia e lo si raggiunge seguendo la Tangenziale Sud e la SS 45bis Gardesana Occidentale. Dal centro del paese si imbocca a sinistra la strada per Maclino (Via Montemaderno), iniziando ad alzarsi di quota e attraversando la menzionata località. Oltrepassata la frazione Vigole, si raggiunge più avanti il piccolo nucleo di Sanico (se si ha intenzione di iniziare l’escursione da qui, è presente un poco capiente spiazzo in cui parcheggiare l’auto) e lo si attraversa svoltando a sinistra. Si prosegue verso Sant’Urbano salendo per stradello asfaltato ripido, stretto e in alcuni punti sconnesso. Dopo diversi tornanti, si raggiunge la località Croce di Ortello, penetrando poi nella valletta formata dal Torrente Valle della Selva. Si parcheggia l’auto in uno slargo della carreggiata in località Ortello di Sotto 

www.openstreetmap.org

Descrizione dell’itinerario

L’ambito dei “sentieri alpinistici”, comprendente percorsi caratterizzati dall’alternanza di tratti in cui si cammina ad altri in cui si arrampica su balze e risalti, è certamente uno dei più interessanti nell’attuale scenario delle attività montane. Ancora relativamente pochi, soprattutto nel contesto appenninico, potrebbero costituire una valida alternativa ai sentieri attrezzati e alle vie ferrate. La Cresta Sud-Est del Monte Pizzocolo è un esempio tra i più avvincenti in assoluto di questa tipologia di ascesa. Il percorso in questione, segnato da sbiaditi cerchi rossi e numerosi ometti, presenta una successione di risalti e placche – con un passaggio mediano non propriamente banale – di solidissima roccia calcarea particolarmente lavorata da fenomeni carsici. Salita da gustare metro dopo metro senza fretta, lasciandosi impregnare dalle emozioni che scaturiscono nel trovarsi in un ambiente quanto mai prezioso e di grande suggestione paesaggistica. 

L’autore della relazione è partito a piedi direttamente da Sanico e in 40 minuti di piacevole camminata ha raggiunto l’inizio del percorso n° 287 per le creste del Pizzocolo.

Dalla località Ortello di Sotto si imbocca uno stradello perlopiù sterrato transitando inizialmente a fianco di una casa, compiendo più avanti un tornante sinistrorso in corrispondenza di un cancello. Al bivio che si incontra in seguito (indicazione per le creste), si prosegue diritto costeggiando una baracca, trascurando più avanti un percorso che conduce a Casale Pedretti. Raggiunto un altro bivio (indicazioni), si continua lungo il segnavia n° 287 salendo in un tratto piuttosto ripidamente e incontrando poco più avanti l’accesso, chiuso da un cancello, al menzionato casale. Il tracciato avanza successivamente in modo pianeggiate o tuttalpiù in lieve salita (si transita nei pressi di una cascina), conducendo ad un bivio con carraia che prosegue a destra. Continuando diritto, si guadagna ripidamente quota per ottimo sentiero, trascurando una traccia non segnata che sale a sinistra. Effettuata poco più avanti una svolta in quest’ultima direzione, si perde qualche metro di quota verso la vicina falesia dei Tre Porcellini. Attraversato un caratteristico ponticello, si raggiunge e contorna la base di una bellissima placca dove si sviluppano le vie più interessanti della falesia. Si continua per il suggestivo tracciato immersi in un ambiente tipicamente mediterraneo, compiendo una svolta a sinistra in corrispondenza di un pulpito. Al bivio che si presenta subito dopo in località Sopra Seasso, trascurato a sinistra il sentiero della Cresta Sud, si prosegue diritto lungo il percorso 16 TM per la Cresta Sud-Est. Costeggiata un’area recintata passando sotto ad una tettoia con tavolo e panche, al bivio che si incontra appena dopo si opta per il percorso di destra avanzando in un tratto in lieve discesa. Si prosegue per comodo sentiero contrassegnato da cerchi rossi, sottopassando un filo di ferro e una fune metallica. Dopo una breve salita, si raggiunge la base di una placchetta (bollo rosso e sbiadita freccia dello stesso colore) che costituisce l’inizio del percorso alpinistico. Superata la breve e facile balza (I°), si continua per traccia e roccette assecondando gli ometti e gli sbiaditi cerchi rossi. Al bivio che si presenta poco più in alto, l’autore della relazione ha seguito il percorso di destra (ometti) e verso sinistra ha risalito dei solidi blocchi calcarei e delle facili placchette (cerchi rossi molto sbiaditi). Dopo uno spostamento a destra e un breve traverso, si inizia ad assecondare la cresta vera e propria, ascendendo su bellissime placche molto lavorate da fenomeni carsici. Tenendo d’occhio i segnavia rossi, si procede poi tra vegetazione e facili roccette con qualche insignificante movimento d’arrampicata, fino ad arrivare alla base di una placca visibilmente più impegnativa. La si supera direttamente con bella arrampicata (II/II°+), scalando appena dopo un’altra placca in cui si sfrutta una larga fessura (II°-). Usciti da questa interessante sezione del percorso, si prosegue molto più facilmente lungo la spettacolare cresta che man mano che si ascende diviene più affilata ma mai eccessivamente esposta. Un impegnativo spuntone lo si doppia tenendosi poco più in basso rispetto il filo di cresta, sfruttando ottimi appigli e appoggi (I°+). Si insiste lungo la splendida, facile e panoramica direttrice, volgendo più in alto brevemente a destra onde raggiungere un nodo orografico che costituisce il punto di congiunzione di due ramificazioni della cresta (noi, finora, abbiamo seguito il ramo di sinistra). La rocciosa dorsale prosegue mantenendosi ampia e non esposta ancora per un buon tratto, ma più in alto si assottiglia divenendo impegnativa e alpinistica. Aggirato un risalto a destra per traccia nella vegetazione, si recupera il filo di cresta e lo si asseconda facilmente fino a scendere ad un piccolo intaglio all’inizio di quello che possiamo considerare il passaggio chiave dell’intera ascesa. Un tratto di cresta molto affilata precede una brevissima ma verticale placchetta che si supera sfruttando i pochi, determinanti appigli/appoggi presenti (III°). Effettuato un delicato traverso in aderenza (III°), si asseconda l’affilatissimo ma spettacolare filo di cresta prestando la massima attenzione ai movimenti. Segue una sezione meno impegnativa in cui si alternano passaggi appena a destra del filo ad altri lungo esso, fino ad uscire da questo avvincente tratto del percorso alpinistico. Si prosegue facilmente progredendo parallelamente al crinale, sfruttando i tipici fenomeni carsici incontrati in precedenza. Segue un tratto facile in cui si avanza anche per traccia, guadagnando più in alto un ripiano alla base di un ripido risalto. Lo si supera facilmente a sinistra e dopo un agevole muretto si prosegue su ampia dorsale caratterizzata da arbusti e basso bosco. Si avanza avendo sempre come linea di salita il crinale montuoso (cerchi rossi e ometti), senza lasciarsi fuorviare da tracce che si staccano a destra. Raggiunto un bivio con indicazioni, si trascura a destra un percorso recentemente segnato che permette il collegamento con la parte alta del Sentiero Alpinistico dei Tre Amici. Si guadagna ripidamente quota in direzione di un evidente risalto roccioso che costituisce l’ultimo ostacolo dell’ascesa. Arrivati alla base della parete, si presentano due possibilità: 1) scalare direttamente le soprastanti placche scegliendo la linea più facile (II°); 2) aggirare a destra questa sezione e, mediante cengia/rampa obliqua a sinistra, vincere il risalto. Recuperata la dorsale, la si asseconda o lambisce lasciandosi guidare dai segnavia presenti, volgendo progressivamente verso la parallela cresta sud. Più in alto il crinale assume le fattezze di una rampa colonizzata da arbusti: la si risale per evidente traccia avvicinandosi e poi costeggiando le verticali pareti che precipitano dalla cresta sud. Le rocce, man mano che si guadagna quota, si abbassano sempre di più, fino a spegnersi del tutto in corrispondenza del nodo orografico di congiunzione delle due creste. Da qui, avanzando per facile dorsale percorsa da un sentiero segnato, si raggiunge prima un palo eolico, poi la spettacolare sommità del Monte Pizzocolo, 1582 m. Dopo una meritata sosta su una delle più prestigiose cime dell’Alto Garda, si incomincia la discesa raggiungendo inizialmente la Chiesetta ai Caduti situata nei pressi della sommità. L’ottimo sentiero conduce poco dopo al Bivacco Due Aceri e prosegue in lieve discesa avendo come direttrice la dorsale ovest della montagna, tenendosi più in basso rispetto il suo filo. Messo piede in una sella (indicazioni), si imbocca a sinistra il percorso n° 212 per Malga Valle, perdendo quota all’interno di un piacevole ambiente boschivo caratterizzato da blocchi calcarei. Giunti nei pressi della menzionata malga, 1331 m, si continua a scendere assecondando attentamente i segnavia, in quanto il sentiero risulta nel tratto sottostante non particolarmente incavato. Proseguendo poi su traccia ben più marcata ed evidente, molto piacevole e mai ripida, ci si innesta più in basso in una carraia (indicazioni). La si asseconda a sinistra immettendosi in seguito, a quota 1079 m, in uno stradello cementato. Proseguendo diritto all’incrocio che si incontra poco più in basso, si svolta successivamente a destra e si avanza verso sud-ovest alternando tratti pianeggianti a ripide e “cementate” discese. Trascurate diverse diramazioni laterali che conducono a delle proprietà private e proseguendo diritto/sinistra ad un bivio che si incontra nella parte bassa del tracciato (andando a destra si arriverebbe a Ortello di Sopra), ci si innesta infine nella carrozzabile per Sant’Urbano. La si segue a sinistra transitando nei pressi di alcune case e trascurando uno stradello che scende a destra, raggiungendo poco più avanti la località Ortello di Sotto

Vie dell’Angiolino, Sperone del Crocefisso e Grotta Tampa

Punto di partenza/arrivo: Caionvico 150 m

Dislivello: 1050 m ca.

Durata complessiva: 6/6,15 h

Tempi parziali: Caionvico-attacco Vie dell’Angiolino (45 min) ; attacco Vie dell’Angiolino-Monte Maddalena (1,50 h) ; Monte Maddalena-Sperone del Crocefisso (1 h) ; Sperone del Crocefisso-Sella della Poffa (1,30 h) ; Sella della Poffa-Grotta Tampa-Caionvico (1 h)

Difficoltà: PD- le Vie dell’Angiolino; EE l’ascesa allo Sperone del Crocefisso; E la restante parte dell’itinerario

Attrezzatura: le Vie dell’Angiolino vengono generalmente affrontate senza alcuna dotazione specifica d’arrampicata. Quest’ultima potrebbe risultare utile, se non necessaria, per chi è alle prime armi

Ultima verifica: marzo 2022

Accesso stradale: Caionvico dista 8 km ca. da Brescia e lo si raggiunge seguendo Viale della Bonata fino a Sant’Eufemia. Da qui continuare per Viale della Rimembranza, Via Giuseppe Saleri e Via Sant’Orsola. Se invece si proviene dall’A21 (uscita Brescia centro), si imbocca la Tangenziale Sud in direzione del Lago del Lago di Garda, abbandonandola all’uscita n° 10 (Sant’Eufemia). Innestatosi in Via Serenissima, la si segue fino ad immettersi in Viale Sant’Eufemia. Alla prima rotonda s’imbocca a sinistra Via della Musia che conduce in breve a Caionvico. Si parcheggia l’auto nella parte bassa dell’abitato, in corrispondenza della Chiesa di San Massimiliano Maria Kolbe 

www.openstreetmap.org

Descrizione dell’itinerario

Eclettica, esaustiva e avvincente proposta escursionistico/alpinistica. Le Vie dell’Angiolino, nonostante l’invadenza della vegetazione in alcuni punti, presentano passaggi di piacevole arrampicata su calcare molto solido. Conquistata la “sommità” del Monte Maddalena mediante il sentiero tradizionale, si propone l’ascesa allo Sperone del Crocifisso, singolare guglia situata molto più in basso e a nord-est rispetto la menzionata cima. Infine, per rendere il percorso ancora più avvincente, anche se questo comporta un aggravio di dislivello e un conseguente aumento dell’impegno complessivo, si consiglia, una volta giunti nei pressi del nucleo di San Gallo, di risalire sul crinale del Maddalena onde ritornare a Caionvico visitando la spettacolare Grotta Tampa. 

Dalla Chiesa di San Massimiliano Maria Kolbe, si segue Via Rodone immettendosi poco più avanti in Via Sant’Orsola. Andando a destra, si imbocca appena dopo Via Caionvico che conduce al sommo del borgo dov’è situata la Chiesa dei Santi Faustino e Giovita (indicazioni dei percorsi CAI). Si continua per stradello inizialmente asfaltato transitando a fianco della Cappella del Viandante, avanzando poi in salita in mezzo a vigneti. Raggiunto un bivio (indicazioni), si prosegue a sinistra in direzione di Casina Sella e Forte Garibaldi, procedendo per pianeggiante sentiero che costeggia una proprietà con viti e olivi. Al bivio successivo, si continua diritto/sinistra avanzando dapprima in lieve salita, poi perlopiù in piano. Raggiunto il Bivacco Casina Sella, si prosegue diritto perdendo quota per un breve tratto, procedendo poi in modo pianeggiante all’interno del bosco. Costeggiata una rete paramassi, occorre volgere a destra e guadagnare quota in direzione di alcune rocce sopra le quali è collocato un palo dell’alta tensione. Giunti sotto la sezione rocciosa, si volge a sinistra compiendo poi alcuni tornanti in direzione di un gendarme roccioso. Arrivati alla base di quest’ultimo, si piega a sinistra progredendo in direzione est, trascurando una ghiaiosa traccia che sale a destra. Rientrati nel bosco, si giunge presto in località Forte Garibaldi (di cui rimangono solo alcuni resti poco riconoscibili), svoltando a destra e trascurando il sentiero n° 1 che risale la dorsale del Monte Mascheda. Si continua invece verso Sant’Eufemia, iniziando a perdere quota per ottimo sentiero che effettua due tornanti. Giunti in corrispondenza di un terzo tornante a sinistra (stazione IX della Via Crucis), si scorge l’indicazione, abbastanza sbiadita, delle “Vie dell’Angiolino”. Si abbandona perciò il sentiero n° 1 imboccando a destra una traccia che, salendo in alcuni punti piuttosto ripidamente, conduce all’attacco delle menzionate vie, le cui linee di ascesa sono evidenziate da sbiaditi segni rossi e verdi. Si tratta di superare una sequenza di balze con diverse possibilità di salita, alcune delle quali obbligano a passaggi non facili e su rocce verticali. La tipologia dell’ascesa permette di costruire un percorso personalizzato tenendo conto delle proprie capacità arrampicatorie. Di seguito si descrive sommariamente la linea seguita dall’autore della relazione. Sulla sinistra di un canale/diedro (segnavia verdi), si scala una bella parete (segnavia rossi) molto lavorata che offre generosi e solidi appigli (II°). Dopo una piccola balza (II°-), si arriva ai piedi di un più impegnativo risalto inciso da diedri. Seguendo i segni rossi, si supera la faccia destra del quasi verticale diedro di sinistra (III°, forse III°+ in un singolo movimento), assecondando poi una crestina/spigoletto (segni rossi e verdi) di II/II°+. Giunti alla base di un’impegnativa balza, si effettua un traverso a destra (segni verdi e rossi) piuttosto delicato nonché disagevole a causa della vegetazione invadente. Risalito un canale/diedro (II°-), si continua su rocce leggermente più impegnative (II°/II°+), affrontando un’uscita delicata su ghiaie e vegetazione. Raggiunta la base di un’altra interessante balza, ci si impegna inizialmente con un passaggio in obliquo verso destra (segni rossi) su rocce verticali o forse leggermente strapiombanti (III°). Dopo questa breve sezione, si prosegue su parete molto più appigliata (II°-/II°) scalando successivamente un bel muretto (II°/II°+). Si continua poi su traccia che sale tra massi e arbusti, superando direttamente una piccola balza che, come le altre, presenta almeno due possibilità di ascesa (rosso più difficile, verde più facile). Poco più in alto si volge a destra in direzione di un rilevante risalto caratterizzato da una fessura/camino delimitata a destra da uno spuntone. Trascurati i segnavia rossi impressi sulla più impegnativa parete di sinistra, si scala per poco lo spigolo del pilastrino (segni verdi), entrando poi all’interno della fessura e affrontandola con un bel passaggio risolutivo in spaccata (II°). Immessosi in un evidente sentiero, lo si asseconda a sinistra per poco, abbandonandolo nel momento in cui a destra si rinvengono dei bolli rossi. Salendo per traccia, si arriva alla base di una sezione di rocce rotte con piccola balza che si può scalare direttamente (II°+) oppure aggirare. Si prosegue poi per sentiero che volgendo a sinistra conduce in un’area caratterizzata da ghiaie e massi in cui è possibile cimentarsi con un altro piacevole passaggio d’arrampicata. Assecondando i segnavia rossi e verdi tra vegetazione in alcuni punti piuttosto fastidiosa (rovi), si raggiunge poco più in alto una bella e panoramica pietraia. Progredendo poi su pendio erboso (segnavia e ometti), si guadagna la dorsale del Monte Mascheda percorsa dal sentiero n° 1. Conquistata la panoramica cima di quest’ultimo, 440 m, si aggira a sinistra un’altura e, ripreso il bel crinale, si raggiunge una madonnina con lapide commemorativa. Guadagnata la sommità denominata Le Grappe (grande piramide di sassi), 455 m, si perde quota per un breve tratto, raggiungendo una radura che si attraversa costeggiandone il margine sinistro. Aggirato un dosso con area recintata, si esce temporaneamente dalla copertura boscosa e al bivio che si presenta si trascura a destra un sentiero non segnato. Si guadagna quota per boscosa dorsale superando alcuni blocchi calcarei, scavalcando l’altura denominata Monte Poffa. Approdati alla sottostante Sella della Poffa, si prosegue verso la cima del Monte Maddalena continuando ad assecondare il segnavia n° 1. L’ottimo sentiero, dopo il primo tratto aperto e panoramico, penetra progressivamente in un rado bosco volgendo a sinistra. Dopo una sezione in cui si procede in modo pianeggiante, si riprende a salire in direzione nord-ovest, fino ad uscire dalla vegetazione ed effettuare un tornante destrorso in corrispondenza del quale si stacca a sinistra una più diretta scorciatoia. Ripreso il crinale, lo si asseconda alternando fasce boscose a tratti aperti, transitando più in alto nei pressi di un profondo abisso. Scavalcato il Dos Romèt, si procede per panoramica e pianeggiante dorsale, optando per il percorso di sinistra al bivio che si incontra poco più avanti. Avanzando per un tratto parallelamente al crinale di prima (si trascura a sinistra una traccia che conduce in un’area recintata), lo si recupera presto e al bivio che si incontra si tralascia a sinistra il sentiero n° 902. Trascurato, appena dopo, il percorso n° 543 che scende verso Botticino Sera, si prosegue verso la sommità del Monte Maddalena assecondando il segnavia n° 901/543. Si avanza in moderata pendenza all’interno del bosco uscendone poco più avanti in corrispondenza di un’area di caccia recintata. Optando per il segnavia n° 543 al bivio che si incontra, si avanza per bel sentiero avendo come direttrice un panoramico crinale, trascurando tracce che si staccano ai lati. Effettuati un paio di tornanti in corrispondenza e nei pressi di altrettanti pali elettrici, si affronta la salita finale alla volta della sommità del Monte Maddalena. Conquistata la “cima” della montagna (ci troviamo in un punto panoramico sotto la sommità principale, inaccessibile in quanto occupata da un’area militare), seguendo a sinistra una carraia si giunge nei pressi dell’ex-Rifugio Maddalena. Imboccato e abbandonato quasi subito lo stradello che conduce all’area militare, si prosegue per carrareccia pianeggiante all’interno del bosco (segnavia bianco-azzurri). Più avanti si transita sotto ad un’area occupata da ripetitori (a destra si stacca il Sentiero delle Falesie), costeggiando in seguito una specie di discarica e proseguendo obbligatoriamente a destra al bivio che si incontra poco dopo (a sinistra stradello privato chiuso da un cancello). Si avanza per panoramico tracciato, in un tratto cementato, compiendo una svolta a sinistra, aggirando in questo modo l’area privata di cui prima. Abbandonato lo stradello, si continua a destra per il Senter de la Culma procedendo in modo pianeggiante con qualche breve risalita. Il percorso inizia successivamente a perdere quota conducendo prima a Cascina Rossi, poi, dopo un’ulteriore discesa, ad una sella chiamata El Golet. Qui ci si innesta nel tracciato abbandonato in precedenza che tuttavia si ignora scendendo a destra (est) per sentiero segnato in direzione di Botticino Sera. Si perde ripidamente quota transitando più in basso ai piedi di un verticale gendarme, raggiungendo poco dopo un pulpito panoramico. Svoltando nettamente a sinistra al bivio che si incontra, si continua a scendere per ripido pendio fino a raggiungere un altro bivio (indicazione per la “campana”). Qui s’imbocca a destra un sentiero che, scendendo ripidamente, conduce alla base di una verticale guglia. Raggiunto un ulteriore bivio in corrispondenza di una grigia parete, si riprende a salire sottopassando per due volte un cavetto di ferro. Arrivati alla base del poderoso Sperone del Crocefisso, se ne incomincia l’ascesa risalendo mediante scalinata un canale, superando nella parte alta facili roccette assicurate. Una breve scaletta a sinistra conduce alle rocce finali, molto facili eccetto un singolo passaggio su placca piuttosto liscia. Conquistata l’esigua sommità della guglia (campanella e crocefisso), si ritorna, mediante lo stesso percorso, al bivio incontrato più in basso sotto la parete grigia. Da qui, anziché ripercorrere il sentiero che sale a sinistra, si continua per quello di destra in discesa, procedendo prima all’interno del bosco, poi tra arbusti e tagliando anche un piccolo ghiaione. Più in basso ci si innesta nell’altro percorso, quello abbandonato più in alto onde conquistare la sommità dello Sperone del Crocefisso, immettendosi appena dopo in una carraia nei pressi del Roccolo di Faustino. Si asseconda il tracciato a destra in lieve discesa, abbandonandolo più in basso in corrispondenza del terzo tornante che esso effettua. Imboccata un’altra carraia, si costeggia inizialmente un prefabbricato in lamiera e, compiuto un ulteriore tornante, ci si immette in uno stradello in corrispondenza di una cascina. Si continua a destra costeggiando dei prati e un vigneto, ammirando gli interessanti muretti a secco che delimitando il tracciato su cui stiamo camminando. Effettuato un tornante sinistrorso in cui si ignora a destra un percorso, si giunge nei pressi della frazione San Gallo dove ci si innesta in una carraia. Si continua a destra (indicazione per il sentiero principale) transitando a fianco di una specie di capanno, abbandonando il tracciato quando esso diviene cementato. Imboccato a destra un sentiero (indicazione), si procede inizialmente in discesa per poi attraversare un’area prativa. Ripiombati nella copertura boscosa, ci si innesta in una carraia che si abbandona nel momento in cui, volgendo a destra, inizia a salire. Si prosegue diritto/sinistra per piacevole sentiero con andamento perlopiù pianeggiate, trascurando più avanti, in corrispondenza di un palo dell’alta tensione, un percorso che sale a destra. Giunti nei pressi di un capanno, un’indicazione consiglia di proseguire per la traccia di destra, evitando in questo modo di transitare nell’area di caccia. Immessosi in una carraia, la si asseconda a sinistra procedendo in lieve discesa, abbandonandola in corrispondenza di un tornante sinistrorso. Imboccata a destra un’evidente traccia (freccia di colore blu), si trascura dapprima il Sentiero delle 6 capre che sale verso la cima del Maddalena, poi un percorso che scende verso Botticino Sera. Il tracciato (Sentiero dei Darnei) procede per un buon tratto in lieve salita in direzione sud, compiendo in seguito alcuni tornanti. Dopo una sezione in cui si avanza in direzione nord-ovest, si volge a sinistra ed effettuata una salita più erta e faticosa ci si innesta nel sentiero n° 1 seguito all’andata. Ritornati a Sella della Poffa, 465 m, si imbocca il percorso n° 15 che, effettuate un paio di svolte e tagliato un sentiero, inizia a scendere molto ripidamente tra arbusti e basso bosco. Penetrati nella più fitta ed omogenea copertura boscosa, si volge nettamente a destra procedendo in modo pianeggiate o in lieve discesa. Transitando a fianco di pozzi e abissi in splendido ambiente carsico, si incontra più avanti un bivio dove a destra si stacca il sentiero per la Grotta Tampa. Lo si imbocca progredendo in salita tra arbusti e folta vegetazione, raggiungendo più in alto un ghiaione e procedendo per un breve tratto in lieve discesa (segnavia bianco/azzurri). Riprendendo poco dopo a guadagnare quota, si tralascia prima un sentiero a sinistra, poi un altro a destra che conduce ad un settore d’arrampicata. Transitati a fianco di grossi massi calcarei, si raggiunge poco più in alto l’ingresso della Grotta Tampa (conosciuta anche come Grotta dei Giganti) che presenta un’estensione di 46 m. Ritornati al bivio incontrato prima della grotta, si prosegue per il sentiero di destra (segnavia azzurri), trascurando appena dopo una traccia che si stacca in quest’ultima direzione. Si perde ripidamente e scomodamente quota transitando alla base di rocce attrezzate per l’arrampicata sportiva, trascurando tracce che si staccano ai lati. Proseguendo a destra ad un bivio, ci si innesta poco più avanti in un altro sentiero sotto la Croce di Caionvico. Immessosi subito dopo nel percorso d’avvicinamento ai sentieri alpinistici Marina e Jean, lo si segue in discesa ignorando a sinistra una traccia che conduce a dei settori d’arrampicata. Perdendo ripidamente quota, si penetra progressivamente nella variegata vegetazione, fino a ritornare al secondo bivio incontrato all’inizio dell’escursione poco sopra la Chiesa dei Santi Faustino e Giovita di Caionvico

Anello di Valbona

Punto di partenza/arrivo: Valbona 612 m

Dislivello: 700 m ca.

Durata complessiva: 4,30 h

Tempi parziali: Valbona-Casa Findone (45 min) ; Casa Findone-Le Fratte (50 min) ; Le Fratte-Passo della Cisa (45 min) ; Passo della Cisa-Monte Valoria (30 min) ; Monte Valoria-Cantoniera Tugo (50 min) ; Cantoniera Tugo-Valbona (50 min)

Difficoltà: EE il tratto Le Fratte-carraia per il Passo della Cisa; E la restante parte dell’itinerario

Attrezzatura: ordinaria da escursionismo

Ultima verifica: febbraio 2022

Accesso stradale: la frazione di Valbona è raggiungibile dal casello autostradale di Berceto, voltando a destra e percorrendo una stretta stradina. Si parcheggia l’auto nella parte alta del nucleo, nei pressi della chiesa

www.openstreetmap.org

{Nelle sezioni evidenziate in colore arancio, il percorso è puramente indicativo}

Descrizione dell’itinerario

Escursione di grande interesse naturalistico e paesaggistico su percorsi di rilevanza storica. Raggiunta la dorsale del Groppo dell’Asino, si dovrà seguire un vecchio sentiero, un tempo segnato dal CAI ma attualmente in stato di totale abbandono (l’autore della relazione, non essendo iscritto alla citata associazione, non è al corrente di un suo possibile ripristino), che presenta singole sezioni franate e qualche problema di reperibilità.

Dalla chiesa di Valbona si imbocca sulla destra (nord) una bella mulattiera che scende nel bosco di castagni. Poco più in basso ci si inserisce nella stradina d’accesso e, seguendola a destra, si raggiunge un bivio da cui si prosegue diritto/sinistra. Transitati a fianco di una maestà e ignorato a destra lo stradello per il cimitero, si entra verso sinistra nella parte più vecchia e suggestiva del borgo di Valbona. Raggiunta una fontanella, si prosegue per lo stradello di sinistra che poi si trasforma in mulattiera. Costeggiata una proprietà, si inizia a scendere verso il fondo della valle formata dal Torrente Manubiola, ammirando i caratteristici muretti a secco che affiancano il tracciato, segno indicatore della sua storicità. Ignorato un sentiero a sinistra che conduce ad una costruzione diroccata, si raggiunge un pannello esplicativo e, subito dopo, il ponticello pedonale che permette di attraversare il Torrente Manubiola. Trascurato, dopo il ponte, il percorso n° 835b che si stacca a sinistra, si prosegue per il più diretto n° 835a (a destra dell’imbocco di quest’ultimo è possibile raggiungere una fontana) che inizia a guadagnare quota con pendenze abbastanza accentuate. Poco più in alto si dovrebbe rivenire a sinistra un labile sentiero non segnato: lo imbocchiamo e, progredendo in ripida salita, ci innestiamo in un altro percorso appena dopo una sezione in cui esso risulta ostruito da rami. Si asseconda questa traccia, che progressivamente diviene più definita, alternando ripide salite a tratti in cui si procede più comodamente. Avanzando in direzione sud, si nota a destra, sul tronco di un albero, una catena con lucchetti a mo’ di ricordo commemorativo. Poco più avanti si volge a destra e si sale piuttosto ripidamente, aggirando o superando direttamente una scarpata. Si insiste per l’interessante tracciato in ambiente boschivo di grande pregio, compiendo un tornante e alcune svolte, raggiungendo più in alto una sponda boscosa. Qui il sentiero si divide per un tratto in due rami e procede in direzione ovest con andamento a mezza costa. Ammirando gli splendidi muretti a secco che affiancano il tracciato e transitando nei pressi di una vecchia costruzione (forse un essiccatoio), si guadagna la dorsale spartiacque tra le due valli formate dal Manubiola, in corrispondenza dei resti murari di Casa Findone. Da qui, trascurato a destra il percorso che scende a Corchia, si continua diritto alla volta del Groppo dell’Asino, avanzando per ampia traccia e proseguendo a destra ai due bivi che si incontrano. Dopo una salita per quella che sembrerebbe essere una vecchia mulattiera allargata negli anni a carraia, ci si congiunge poco più in alto con un altro tracciato proveniente da sinistra, continuando poi in direzione sud-ovest all’interno di uno splendido ambiente boschivo. Si procede in lieve salita per carraia devastata dal passaggio di mezzi di esbosco, ammirando centenari esemplari di castagno. Raggiunto un ripiano boscoso con tavoli e panche, ignorato il percorso che prosegue diritto verso Piana del Faggeto, si opta per il tracciato che staccandosi a sinistra sale in direzione della dorsale spartiacque. Si avanza per ampia mulattiera alquanto dissestata dal probabile passaggio di mezzi motorizzati, transitando più avanti a fianco di un essiccatoio e progredendo successivamente in ripida salita. Effettuati alcuni tornanti, si guadagna il boscoso crinale divisorio in corrispondenza di una sella con traccia non segnata che scende a sinistra. Si continua lungo la dorsale guadagnando faticosamente quota nel contesto di un’area orribilmente disboscata (una delle tante al livello appenninico in cui le operazioni di esbosco hanno avuto, da un punto di vista sia naturalistico quanto paesaggistico, effetti devastanti), notando più in alto, alla nostra destra, un percorso che scende (si tratta del n° 835C proveniente da Piana del Faggeto). Rientrati nell’autoctona copertura boscosa, si avanza per bella mulattiera che sale piuttosto ripidamente transitando a fianco di spettacolari faggi. Al termine di questa sezione, il percorso avanza avendo sempre come direttrice la dorsale montuosa, alternando tratti all’interno del bosco a sezioni erbose. Si procede con andamento pianeggiante e a saliscendi ammirando in alcuni punti belle visuali panoramiche, lambendo l’impercettibile sommità del Groppo dell’Asino. Dopo una fascia boscosa in cui si scende lievemente, appena prima di un’altra sezione di crinale erboso, si raggiunge un importante bivio (indicazione a terra) in località Le Fratte. Abbandonato il percorso per il Termine del Gatto, si prende a sinistra il non più utilizzato sentiero n° 835 per il Passo della Cisa, procedendo inizialmente in discesa tra erba alta con andamento verso sud-ovest. Il poco evidente tracciato entra poi nel bosco ed è interrotto in una singola sezione da rami e cespugli. Superato l’ostacolo a destra, ripreso il sentiero, si effettua poco dopo un tornante sinistrorso, continuando poi in ripida discesa. Aggirati a destra, in corrispondenza del successivo tornante, altri rami che occludono il tracciato, si raggiunge più in basso il fondo di una spettacolare valletta. Varcato il rio che la forma caratterizzato da stratificazioni rocciose, si procede nella sponda opposta a mezza costa per sentiero piuttosto scosceso. L’appena visibile traccia volge successivamente a destra ed avanza tenendosi nei pressi del margine di un’area franata e a poca distanza da alcuni resti murari. Nel momento in cui il sentiero si perde del tutto, si procede più o meno in quota raggiungendo giocoforza il bordo di un canale devastato da una frana. Trascurato poco più in basso un segnavia bianco-rosso, si attraversa nel punto più agevole il solco, contornando poi, nel momento in cui si passa nella sponda opposta, il limite superiore di una piccola frana. Dopo questo passaggio delicato che richiede attenzione, si incontra, su un ramo mozzo alla nostra sinistra, un vecchio e rassicurante segnavia. Effettuato un secondo scosceso traverso, ci si dirige verso un altro segnavia, discendendo scomodamente una breve ma ben ripida balza terrosa. Giunti nei pressi del menzionato segnavia, si compie un tornante sinistrorso che precede uno destrorso, iniziando appena dopo un traverso piuttosto delicato. Notando alla nostra destra un malconcio e inservibile cordone ancorato in malo modo a dei paletti di legno, e prestando la massima attenzione in quanto sotto di noi precipitano dei dirupi, si doppia un’affilata costa oltre la quale il percorso diviene più incavato e comodo. Effettuati un paio di tornanti nell’ambito della sponda sinistra orografica della valletta formata dal Torrente Manubiola di Valbona, si giunge a livello di quest’ultimo e, volgendo a sinistra, si procede parallelamente ad esso. Avanzando per quasi invisibile traccia, ci si sposta per un breve tratto leggermente a sinistra del torrente, ritornando poi a costeggiarlo. Ad un certo punto occorre volgere decisamente a destra onde guadare il corso d’acqua, ammirando le peculiarità di un’ambiente selvaggio e di grande valore naturalistico. Si continua poi nella sponda opposta assecondando inizialmente una labile, scomoda e scoscesa traccia che procede ai piedi di una parete stratificata. Innestatosi in un più marcato sentiero appena prima di un suo tornante verso valle, lo si asseconda diritto/destra con andamento a mezza costa. Volgendo successivamente a destra, si attraversa, per traccia leggermente scoscesa, una sezione di terreno franato, ultimo non rilevante ostacolo di questo avventuroso percorso. Poco più avanti il sentiero si amplia a trascurata carraia che avanza nel contesto di un’area disboscata. Ignorata un’ampia traccia che scende a sinistra, si procede in lieve salita fino ad immettersi in una forestale proveniente dal Passo della Cisa. L’assecondiamo a sinistra verso quest’ultima località, procedendo in leggera salita e trascurando diversi percorsi che si staccano ai lati. Dopo un ripiano caratterizzato da conifere, si avanza in modo pianeggiante costeggiando il margine di belle e panoramiche radure. Riprendendo poi a salire all’interno di un bosco caratterizzato da notevoli esemplari di faggio, si raggiunge, dopo aver scavalcato un cancello, il Passo della Cisa, 1041 m. Dall’importante valico si imbocca la Via Francigena (pannelli con cartine), transitando inizialmente a fianco di un simpatico bivacco e di alcune case. Avanzando in modo pianeggiante nel versante Manubiola del crinale spartiacque, si costeggia un rimboschimento a conifere e il margine di alcune radure, incominciando poi a guadagnare ripidamente quota. Attraversata mediante scaletta una recinzione e progredendo per un breve tratto a fianco di un canale, si esce più in alto in splendidi declivi prativi modellati da avvallamenti. Si procede costeggiando il margine del rimboschimento a conifere che ammanta questa sezione del crinale, volgendo poi a sinistra e attraversando il sommo di un avvallamento prativo con abbeveratoio. Oltrepassata una recinzione, si penetra nel bosco e si guadagna quota su pendenze non trascurabili, fino a guadagnare il panoramico crinale divisorio. Lo si asseconda in direzione del palo dell’alta tensione che contraddistingue, deturpandola, la parte iniziale della dorsale spartiacque Baganza/Civasola. Poco sotto la cima del Monte Valoria, si può seguire il sentiero di sinistra, meno ripido, oppure continuare per la più faticosa traccia di crinale. Guadagnata l’altamente panoramica sommità a quota 1229 m (cippo confinario del 1828), si incomincia la discesa in direzione di Berceto assecondando il percorso della Via Francigena. Si procede alternando radure a fasce boscose sottopassando l’elettrodotto della Val Baganza, raggiungendo più in basso il bivio con il sentiero n° 733a che scende verso Rombecco. Continuando per la storica arteria (purtroppo devastata dal passaggio di moto e fuoristrada), si costeggia in seguito il margine di una radura, sottopassando per una seconda volta il rumoroso ed inestetico elettrodotto. Perdendo poi quota in modo più marcato, al bivio che si incontra più in basso, si trascura a sinistra un sentiero proveniente dalla Casa Cantoniera Ostello della Cisa. Si continua lungamente per il piacevole percorso, ignorando tracce laterali e costeggiando in seguito una recinzione. Giunti nei pressi di un ripiano con dirupo, si stacca a destra uno stradello che conduce in località La Chiastra, suggestivo nucleo situato ai piedi di un groppo ofiolitico. Costeggiate belle radure e campi, ci si innesta nella stradina d’accesso al nucleo di Felegara a poca distanza dal suo ingresso. Si asseconda la strada a sinistra ammirando belle visuali panoramiche, immettendosi infine nella statale 62 all’altezza del nucleo di Cantoniera Tugo. Volgendo a sinistra in direzione del Passo della Cisa, si trascura a destra un primo stradello e dopo la casa cantoniera che dà il nome alla frazione, si abbandona la SS 62 dirigendosi verso Lago Dosio e Casa Nuova. Si continua ancora per un buon tratto su strada asfaltata, transitando sotto un capannone agricolo e giungendo nei pressi di un lago. Qui si imbocca a destra (indicazioni per le MTB) un’ampia mulattiera costeggiando inizialmente una recinzione delimitante il menzionato specchio d’acqua, inoltrandosi successivamente in un bel bosco di castagni. Sottopassata una linea elettrica, si incontra un bivio (indicazione) da cui si prosegue a sinistra iniziando a scendere con maggiore decisione. Più in basso si presenta un altro bivio dove si può scegliere se continuare per il più ripido il sentiero di destra, oppure per quello di sinistra (che sembrerebbe fare un giro più lungo). Optando per la prima possibilità, si perde quota nella sponda sinistra orografica della valletta formata da Rio Rivi Freddi, innestandosi più in basso in una più evidente mulattiera (forse il percorso che al bivio precedente proseguiva a sinistra). Scendendo, come prima, nella solitaria e suggestiva valletta del Rio Rivi Freddi, si transita poco dopo nei pressi di un diroccato essiccatoio, preziosa testimonianza di un passato ancora percepibile. Il tracciato poi si amplia e scende all’interno di un suggestivo castagneto, sottopassando più in basso una linea elettrica. Disturbati non poco dal rumore della vicina autostrada che impedisce di gustare momenti sublimi di autentica contemplazione, si continua a scendere per la stupenda mulattiera effettuando prima un tornante sinistrorso, poi, nei pressi di un rio, uno destrorso. Usciti dalla copertura boscosa, si avanza per ampia traccia parallelamente all’A15, fino a sottopassare, mediante stradello cementato, il viadotto Rivi Freddi. Lasciatosi alle spalle l’autostrada, si scende per carraia lungo il margine di un bell’avvallamento prativo, notando a sinistra un gruppo di case appartenenti al nucleo di Valbona. Innestatosi in una stradina asfaltata, la si segue a destra in discesa, inserendosi poco più in basso, nei pressi del ponte sul Rio Rivi Freddi, nella strada d’accesso al paese di Valbona. Verso sinistra si ritorna alla Chiesa di San Bartolomeo situata più in alto rispetto al punto in cui siamo. 

Monte Sporno da Marzolara

Punto di partenza/arrivo: Marzolara, 329 m

Dislivello: 750 m ca.

Durata complessiva: 4 h

Tempi parziali: Marzolara-Ramiano (40 min.) ; Ramiano-Monte Sporno (1,40 h) ; Monte Sporno-Vallerano (1 h) ; Vallerano-Marzolara (40 min.)

Difficoltà: E

Attrezzatura: ordinaria da escursionismo

Ultima verifica: gennaio 2022

Riferimento bibliografico: Daniele Canossini – LE VALLI DI PARMA E L’ALTA LUNIGIANA – l’Escursionista 2002 

Accesso stradale: Parma-Felino-Marzolara. Si parcheggia l’auto in un grande spiazzo all’uscita del paese in direzione di Calestano

www.openstreetmap.org

Descrizione dell’itinerario

Il Monte Sporno è un’interessante montagna situata lungo il crinale spartiacque Baganza/Parma. Purtroppo quest’area montuosa è frequentata più dagli enduristi che dagli escursionisti. Esiste una fitta rete di carraie e sentieri da riscoprire e combinare in anelli più o meno ampi e articolati dando sfogo alla propria creatività. Qui si propone un appagante giro che consente una conoscenza abbastanza approfondita del versante Baganza di questa montagna. 

Dal parcheggio di Marzolara si segue la SP 15 verso Calestano fino ad oltrepassare il cartello indicante la località Pioppone. Proprio in corrispondenza di alcune conifere, si diparte a sinistra uno stradello: lo si imbocca e raggiunta una casa si prosegue per carraia a destra. Si guadagna quota a fianco di campi, mettendo piede, poco sopra, in una sterrata che va seguita a destra. Immessosi nella strada per Vallerano, l’assecondiamo effettuando subito un tornante destrorso e appena prima del successivo tornante, questa volta sinistrorso, si prende a destra (cartello del n° civico 8) una carraia. Si sale in lieve e moderata pendenza sottopassando l’elettrodotto della Val Baganza, doppiando, appena dopo quest’ultimo, una panoramica costa. Avanzando verso sud-est, si esce dal bosco transitando a fianco di una proprietà con casa, rientrando successivamente nella vegetazione. Progredendo per sentiero delimitato inizialmente da vecchi muretti a secco (il tracciato in un breve tratto si sdoppia), si entra nella valletta formata dal Rio Vigna. Guadatolo, si continua per bella e ampia mulattiera in direzione del vicino paese di Ramiano, fino a raggiungere la chiesa collocata in splendida posizione al sommo di una costa. Dopo un’eventuale perlustrazione, si segue a sinistra una stradina asfaltata transitando a fianco di alcune case, fino arrivare in corrispondenza di una panchina con bivio. Imboccata a sinistra una carraia, si procede costeggiando inizialmente alcuni prati, inoltrandosi poi, in modo progressivo, nel bosco. Il tracciato guadagna quota in moderata pendenza e presenta alcuni bivi in cui occorre proseguire diritto, trascurando un’ampia traccia terrosa che sale ripida a sinistra e un paio di percorsi che si staccano a destra. Procedendo in bell’ambiente boschivo molto variegato e ammirando alcune stratificazioni del flysch, si incontrano più in alto due ulteriori bivi dove le indicazioni del “Tartufo Trail Running” guidano nella scelta del giusto percorso (quello più battuto che sale a destra). Appena dopo una presa dell’acquedotto, all’ennesimo bivio, si prosegue a destra (segnalazioni gialle), trascurando poco più avanti un percorso che scende in quest’ultima direzione (freccia segnaletica arancione). Nella sezione successiva il tracciato non presenta altri bivi implicanti un’opzione, ed avanza alternando ripidi strappi a salite più moderate. Raggiunto un ripiano in località Lagoni (trattasi di un’area umida), si ignora un’ampia traccia che scende e si procede per il percorso principale che volge a destra progredendo in direzione sud/sud-ovest. Trascurata, in corrispondenza di una radura, una carraia che sale a sinistra, si costeggia poco più avanti un notevole ripiano prativo, al termine del quale ci si innesta nel percorso CAI n° 773. Lo si asseconda a sinistra avanzando in moderata pendenza, penetrando poco sopra nel rimboschimento a conifere che ammanta la dorsale del Monte Castellaro, crinale che divide la valle del Rio di Ronzano (che abbiamo risalito) dalla più ampia Val Moneglia. Compiendo in seguito una svolta a sinistra in discesa, si valica l’ampia dorsale, raggiungendo un bivio (indicazioni) in località Cusano857 m. Si continua per il tracciato di sinistra che guadagna quota nella sponda destra orografica della Val Moneglia, ammirando più avanti, nel momento in cui il rimboschimento a conifere lascia il posto all’autoctona vegetazione arborea, notevoli visuali panoramiche sui monti della Val Parma. Osservando a sinistra interessanti stratificazioni del flysch e lambendo la quasi impercettibile sommità del Monte Castellaro, si raggiunge più in alto un bivio con indicazioni. Qui si prende a sinistra la carraia contrassegnata n° 741 (Via dei Linari) che inizialmente perde quota all’interno di un piacevole ambiente boschivo. Il percorso poi si sdoppia e attraversa una bella radura con vista sul Monte Sporno, riprendendo successivamente a salire ripiombando nella copertura boscosa. Dopo un altro tratto in cui il tracciato si sdoppia, si guadagna la dorsale Parma/Baganza in corrispondenza dell’ampia insellatura chiamata Tino d’Oro909 m. Si asseconda il crinale divisorio trascurando un percorso che scende ripido a destra e proseguendo diritto al successivo incrocio. Raggiunto un evidente bivio con sentiero che si stacca a destra (bollo arancione), lo si imbocca avanzando inizialmente a mezza costa in direzione est. Poi si incomincia una dura ma allo stesso tempo interessante ascesa per traccia ripida che effettua alcune svolte. Dopo una faticosa salita su pendio prativo, si penetra in un rimboschimento a conifere oltre il quale si sbuca improvvisamente sulla cima del Monte Sporno1058 m, caratterizzata da un monumento dedicato agli alpini. Dalla sommità si inizia la discesa assecondando il crinale nord-est/est della montagna. Dopo la prima sezione molto panoramica, si incomincia a perdere ripidamente quota per ampio sentiero il cui fondo è costituito da notevoli stratificazioni del flysch. Effettuata una brevissima contropendenza, si riprende a scendere uscendo più in basso dalla copertura boscosa e attraversando panoramici prati. Dopo una discesa intervallata da un ripiano con ometto, si approda in una sella di crinale a quota 863 m. Da qui, ignorato il percorso n° 741, si imbocca a sinistra un’ampia ma trascurata traccia che avanza costeggiando radure e declivi prativi. Inoltratosi in seguito nel bosco, il percorso si presenta alquanto infrascato, poco evidente, nonché interrotto da una frana. Si supera scomodamente l’ostacolo portandosi verso il ripiano prativo situato poco più in alto rispetto al punto in cui siamo. Ripreso l’ormai abbandonato percorso, ci si innesta più in basso in una carraia mediante la quale si perde ripidamente quota. Dopo aver costeggiato una bella radura, si svolta a destra raggiungendo un’altra più ampia radura. Attraversati i prati, ci si inserisce in una carraia trasversale che si asseconda a sinistra per un breve tratto. Imboccato un percorso che scende a destra, al bivio che si presenta subito dopo si continua sempre a destra (sbiaditissimo segnavia bianco-rosso) per carraia che conduce nel margine sinistro di radure e campi. Qui il tracciato si sdoppia in due rami e procede costeggiando i menzionati campi, volgendo poi a destra e rientrando nel bosco. Trascurata un’altra carraia a destra, si svolta in direzione nord procedendo nella sponda sinistra di una valletta caratterizzata da campi coltivati. Ignorati percorsi che si staccano ai lati ed effettuate alcune svolte, si entra infine nella frazione di Vallerano527 m. Seguendo a sinistra uno stradello asfaltato, si attraversa interamente il borgo e si continua verso Marzolara costeggiando belle radure e ammirando notevoli visuali sulla Val Baganza. Giunti in corrispondenza di un tornante sinistrorso, si abbandona la strada e si prosegue diritto per carraia in direzione di Castello di Marzolara. Assecondando inizialmente un crinale molto panoramico, si entra poco più avanti nel bosco transitando a fianco di un’abitazione, continuando poi per stradello cementato. In corrispondenza di un tornante, prima di raggiungere un’altra casa, si imbocca a destra il percorso di una Via Crucis. Transitati inizialmente a fianco di una grande croce, si entra poi nel bosco e si scende ripidamente ammirando interessanti stratificazioni del flysch. Più in basso, appena prima di un tornante destrorso, si imbocca a sinistra un evidente sentiero che avanza in direzione sud-ovest. Il percorso costeggia poco più avanti il margine di una radura e conduce infine al cimitero di Marzolara sotto il quale si trova il parcheggio dove abbiamo abbandonato l’auto.